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L’autoreferenzialità in radio: un errore da evitare

Uno degli errori più comuni che chiunque trasmetta in radio ha fatto (o ha provato a fare almeno una volta) è quello di accendere un microfono e, per uno strano meccanismo, iniziare a raccontare di se. Sarà perché la radio a volte è anche questo, cioè una sorta di “cura” per chi la fa, una specie di “seduta” psicanalitica per chi decide di usare la sua voce per parlare ad un microfono, oppure sarà semplicemente che, come è normale che sia, quando ci si trova costretti a dire qualcosa e non si sa di che argomenti parlare, viene spontaneo raccontare qualcosa di se.

Queste non possono essere però valide motivazioni tali da giustificare uno degli errori più comuni che possa fare uno speaker, specialmente (ma non solo) quando è agli inizi. Il senso di sentirsi al centro della vita di chi ascolta, o la presunzione (a volte inconscia) di essere come i deejay da “radiotelevisione”, fa sì che spesso molti di noi si trovino ad essere eccessivamente autoreferenziali all’interno di un programma radiofonico.

Sapendo che c’è tantissima gente che odia addirittura le “star” della radio quando parlano di loro stessi, pensate alla sensazione che può provare un ascoltatore mentre sente raccontare le vostre vicende personali in onda!

Un consiglio importante che mi sento di dare, forse un po’ brutale ma necessario (perché per primo lo applico a me stesso prima di andare in onda), è cercare di ricordarsi che alla gente che sta ascoltando una voce (a cui difficilmente può associare un volto) “non frega assolutamente niente” di noi e della nostra vita. Devo dire che questo sistema, seppur drastico, è sempre un buon punto di partenza.

Certo, perché se da un lato l’autoreferenzialità risulta insopportabile, dall’altro si può diventare bravi ad utilizzarla con parsimonia a proprio favore. Cosa intendo? Voglio dire che è brutto incominciare in maniera immotivata a parlare di se davanti ad un microfono, ma questo non vuol dire che non lo si possa mai fare. Per esempio, una cosa interessante è poter prendere spunto da un fatto strano/originale/interessante che ci è capitato durante la giornata (o nella vita di tutti i giorni) per poter rivolgere una domanda agli ascoltatori, riuscendo così a coinvolgerli in un dibattito o un confronto su questo tema. In questo modo, anziché dover ricorrere a “notizie preconfezionate”, si può essere spontanei e naturali e forse anche più “accattivanti”.

Insomma, l’errore più grave da evitare a tutti i costi è quello di dire “vado in onda e racconto qualcosa”, perché così facendo si rischia sempre di fare monologhi interminabili parlando di vicende che a noi possono anche sembrare significative ma di cui, alla gente comune, non interessa granché. Ancora più odiose sono le coppie di speaker che condividono insieme momenti della loro vita al di fuori della radio (amicizie in comune, compagnie, passioni). Il rischio che si corre infatti è quello di andare in onda divertendosi a parlare di qualcosa che faccia ridere o che possa essere capito solo dai due speaker in questione e non da tutti gli altri ascoltatori.

Credo quindi che il primo errore che si deve cercare di eliminare quando si comincia a fare radio sia proprio questo: evitare di parlare di se e cercare di trovare altre cose più interessanti da dire per coinvolgere o interessare chi ci sta ascoltando. Ma voi vi siete mai dovuti confrontare con questo problema? Pensate non sia importante oppure credete sia difficile da eliminare? Come vi comportate in questi casi, vi prende mai la voglia di raccontare immotivatamente i fatti vostri a chi è all’ascolto?

Articolo a cura di Mattia Savioni

 

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