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Censura in Radio: la storia delle canzoni bandite

In giorni in cui siamo abituati a vedere donnine nude che dondolano sopra palle di metallo in pseudo video musicali, fa sorridere pensare che pochi anni fa venivano censurate canzoni che contenevano allusioni, velate e remote, a passioni carnali desiderate o consumate.

In questo articolo, quindi, ci proponiamo di ricordare alcune canzoni che durante la storia dell’Italia, dal fascismo in poi,  sono state censurate e di cui è stata vietata la trasmissione radiofonica: questo ci permetterà di osservare (dalla nostra prospettiva preferita, quella della radio) come in breve tempo i costumi e il modo di pensare degli italiani sono cambiati.

L’Eiar ( Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) fin dai suoi primi anni di vita evitò la messa in onda di musica straniera. Nel 1936 si deve segnalare, però, una fugace svolta da questa tendenza: l’Eiar diede spazio alla musica jazz, specie nei programmi trasmessi in “seconda serata”. Fu un periodo però che durò poco e ben presto il regime fascista si concentrò sulla caccia delle cosiddette “canzoni della fronda” i cui testi erano ritenuti offensivi o inadatti.

Durante gli anni della seconda guerra mondiale furono censurate molte canzoni perché accusate di essere demoralizzanti per gli uomini al fronte o contrarie agli ideali del regime. Tra queste ricordiamo “Silenzioso slow” del 1940, meglio conosciuta come “Abbassa la radio”, censurata perché accusata di essere un invito ad ascoltare Radio Londra (la radio clandestina che durante il secondo conflitto mondiale trasmetteva messaggi destinati alla resistenza).

E’ da segnalare anche la canzone “Tuli-pan”, cover della canzone statunitense “Tulip-time” del Trio Lescano. Questa canzone fu censurata nel 1943: il Trio Lescano, infatti, era costituito da tre sorelle di origine ebrea che, oltre ad essere bandite dall’Eiar, furono arrestate perché accusate di inviare messaggi ai nemici del regime fascista attraverso le loro canzoni.

Successivamente viene istituita la Commissione d’Ascolto della Televisione italiana che oscurava ed evitava la trasmissione di tutte quelle canzoni che contenevano riferimenti più o meno espliciti al sesso, alla politica e alla Chiesa. Se una canzone era marcata dal bollino rosso della censura si poteva diffondere solo tramite dischi, jukebox o locali pubblici dove si eseguiva musica dal vivo. Esempio di questo è il brano “La pansè” di Pisano –Cioffi, censurato per i suoi contenuti ammiccanti ma divenuto comunque famoso.

Tra gli autori censurati spicca poi il nome di Domenico Modugno. Nel 1957, infatti la Rai censura la canzone di Modugno intitolata “Resta cu’mme a causa di una frase, incriminata perché si riferiva alla verginità della donna, a cui i moralisti benpensanti davano molta importanza e che ha discriminato a lungo le donne. La frase ritenuta scandalosa recitava : “nun me’ ‘mporta d’o passato/ nun me ‘mporta di chi t’ (ha)avuto/ resta cu’mme…”.

Un altro celebre nome della musica italiana che spesso si è dovuto destreggiare contro la censura è quello di Luigi Tenco.

Oltre al sesso, un altro tema bollente per la commissione di ascolto era la religione. Nel 1968 venne censurata “Dio è morto” di Francesco Guccini a causa del titolo ritenuto pericoloso. Come è noto, il brano del cantautore italiano non è assolutamente nichilista ma termina con un inno di speranza “se Dio muore è per tre giorni e poi risorge/ in ciò che noi crediamo Dio è risorto”. E infatti, la canzone venne poi trasmessa dalla stessa Radio Vaticana.

Un caso emblematico è poi rappresentato da Fabrizio De Andrè. Le stesse sue (bellissime) canzoni inizialmente censurate dalla radio-televisione furono mandate in onda da Radio Vaticana (in particolare da un programma domenicale curato da Paolo Scappucci).

Il 1969 porta aria di fermento in quanto è l’anno della “rivoluzione sessuale”, periodo ben simboleggiato dalla celebre “Je t’aime, moi non plus” di Serge Gainsbourg. Il brano, un colloquio tra un uomo e una donna che poco lascia all’immaginazione, è censurato e viene cancellato dalla classifica trasmessa nel popolarissimo programma radiofonico Hit Parade.

Altra perla della musica italiana che corse il rischio di restare incastrata nella rete della censura è “4 marzo 1943” di Lucio Dalla, brano iscritto al Festival di Sanremo del 1971: la frase originale del testo della canzone infatti recitava “e anche adesso che bestemmio e bevo vino per ladri e per puttane sono Gesù Bambino” ma fu cambiata in “e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino”.

E’ proprio il caso di dire che “la musica cambia” con  la fine del monopolio della Rai ( decretata dalla sentenza N° 225 del 1974) e l’avvento delle radio libere.

In questo breve articolo sono ricordate ovviamente solo alcune delle canzoni che furono oscurate. Voi, popolo di radioamatori, ne conoscete altre?

Articolo a cura di Eleonora Corgiolu

FONTI:

http://www.musicaememoria.com/la_rai_e_le_canzoni.htm

http://www.viadelcampo.com/bolero_5_5_68.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Censura_nella_musica_in_Italia

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