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Uso della Voce: Come attrarre l’Attenzione del Pubblico

“Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si prende mai la cura di osservare.”

Arthur Conan Doyle, padre di Sherlock Holmes.

Di sicuro la voce è protagonista del seguente argomento, ma attenderemo , come nei grandi film d’azione, il suo ingresso in un momento successivo. Attirare l’attenzione e poi trattenerla per esprimere il proprio messaggio in maniera incisiva non è facile come potrebbe sembrare a qualcuno di noi. Viviamo un’era talmente ricca di stimoli!

Concordo con gli studiosi della comunicazione, i quali sono giunti alla conclusione che ad attrarre l’attenzione degli ascoltatori sono soprattutto le emozioni che vengono trasmesse con il discorso. Quindi se desideriamo attrarre l’attenzione di un pubblico e trattenerla, non abbiamo scelta; dobbiamo coinvolgerlo emotivamente in ciò che diciamo. Alcuni non sanno che le emozioni sono fortemente contagiose … E’ questa virulenza che dobbiamo imparare a sfruttare, se vogliamo diventare dei comunicatori efficaci.

Attenzione, però: solo chi è infetto ha il potere di contagiare! Ciò significa che chi si appresta a fare un discorso pubblico con l’intento di comunicare emozionando, deve già essere egli stesso emozionato. Specifichiamo subito che non possiamo usare le emozioni in maniera indistinta: alcune di esse sono costruttive e vanno promosse, altre vanno invece contenute, poiché il loro perdurare può essere devastante ai fini della comunicazione.

Può essere utile a questo punto raggruppare le emozioni in due grandi categorie; alcune sono attivanti, altre sono paralizzanti. Tutte comunque partono dalla parte più primitiva e profonda del nostro cervello, mentre gli strati via via più esterni sono quelli che gestiscono le capacità razionali. A proposito di emozioni paralizzanti (ansia da prestazione, panico, paura di parlare in pubblico ecc.) dobbiamo riconoscere e concludere, evitando discussioni troppo scientifiche o troppo etiche, che le emozioni in certi casi devono essere filtrate dalla parte razionale. Non sempre ci si riesce, ma possiamo esercitarci ad ottenere risultati sempre migliori, senza per questo arrivare ad essere cinici o carcerieri delle nostre emozioni.

Quelle che io chiamo le 4 domande possenti, rappresentano un interessante sistema di “addomesticamento” delle emozioni. Attraverso esse possiamo capire bene il senso e la motivazione di ciò che ci prepariamo a dire in pubblico. Infatti lo scatenarsi di attacchi di panico e simili, prima o durante una performance artistica, un intervento durante un meeting o un’arringa in tribunale, è strettamente collegato alla scarsa consapevolezza dei propri obbiettivi e delle proprie motivazioni. So che può apparire strano, ma tra un attimo spiegheremo tutto.

Le 4 domande possenti sono dei quesiti che è necessario porsi nel momento in cui ci si sta preparando ad una esposizione pubblica di un discorso o anche ad una performance di tipo artistico: 
1- Cosa devo dire
2- A chi devo dirlo
3- Perché devo dirlo
4- Come devo dirlo

Potrebbe apparire scontato che chi si appresta a parlare in pubblico sappia di sicuro rispondere o abbia risposto in maniera più o meno implicita a queste 4 domande; credetemi: non lo è. Vi assicuro che questo processo presenta sempre grandi sorprese.

La prima domanda ha a che fare con la necessità di esplorare accuratamente ciò che dobbiamo dire dal punto di vista dell’efficacia puramente tecnica. Riguarda la preparazione dei contenuti, che deve essere accurata, senza lacune, conosciuta nei significati profondi, nella forma in cui verrà esposta e persino nella durata.

La seconda domanda indaga con precisione la natura del nostro pubblico, dei destinatari del nostro messaggio. Chi sono? Che età media hanno? Di che estrazione sociale sono? Cos’hanno in comune? Il nostro messaggio dovrà essere conformato alle orecchie ed alle menti dei nostri ascoltatori, non certo alle nostre!

Se abbiamo risposto alla prima domanda, abbiamo capitò già cosa diremo; non ci resta quindi che capire il nostro pubblico. Se, ad esempio, dobbiamo parlare ad alunni delle scuole elementari, troveremo un modo che certamente non sarà quello che useremmo per parlare a delle casalinghe o a degli avvocati, nei toni e nei vocaboli usati.

La terza domanda è la più sostanziosa … ed ha pure due livelli di “profondità”. a) Perché devo dire ciò che voglio dire? Devo vendere? Convincere? Dissuadere? Per soldi? Per ideali? Insomma, qual è il mio obbiettivo? b) Perché mi ritrovo in questa situazione? E’ ciò che ho sempre desiderato fare? E’ semplicemente una necessità contingente? Non importa quale sia la risposta, purché ci sia e sia salda dentro di noi.

La quarta ha a che fare con lo stato d’animo, col sentimento/emozione che dovrà accompagnare ciò che desideriamo dire. Ma davvero è possibile prevedere questo aspetto? Davvero è possibile scegliere che emozioni favorire? La risposta è sì, e scopriremo anche come. Non solo è utile, è indispensabile prepararsi ad affrontare un discorso “indossando” le emozioni giuste, l’atteggiamento giusto.

Potete decidere di dire ciò che dovete con tono cordiale, severo, spiritoso … od ancora professionale. Si tratta di scelte, di motivazioni profonde elaborate a priori e non improvvisate! Le emozioni negative e/o bloccanti, come il panico, la rabbia, la paura vi sorprenderanno e prenderanno possesso di voi solo se celate delle insicurezze riguardo a ciò che state facendo. Altrimenti se siete sicuri di ciò che fate e dite, del vostro valore e delle vostre motivazioni, niente e nessuno potrà mettervi a disagio più di tanto.

Nessuna obbiezione potrà cambiare la sostanza del vostro essere e la vostra determinazione. Qualcuno si starà chiedendo come la voce rifletta e trasmetta gli stati d’animo positivi e negativi, e come è possibile utilizzarla per esprimere le emozioni in maniera appropriata. Di questo, e delle emozioni attivanti, parleremo approfonditamente nei prossimi articoli.

Articolo a cura di Giuseppe Urzì – Vocal Coach

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