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Conduzione radiofonica: la voce non mente

E’ la componente che caratterizza e differenzia principalmente  la radio dalla televisione, l’unico strumento indispensabile per esprimere emozioni mediante il microfono.

Non a caso, bisogna averne particolarmente cura, utilizzarla bene, senza sforzarla o renderla protagonista di gaffe dovute ad errori nella pronuncia di determinate parole. A tal proposito, per ovviare a ciò, utili sono diversi corsi,  vedi quelli di dizione proposti da Radiospeaker.it , finalizzati proprio ad una consona impostazione della voce per una corretta conduzione radiofonica.

Una giusta respirazione che, unita ad una sufficiente fonetica, denota un sapiente uso della parola a seconda dei casi o del tipo di approccio, magari più legato all’informazione giornalistica o al puro intrattenimento.

Ma al di là delle caratteristiche, tali da rendere la voce “pulita”, c’è da evidenziare come essa sia spesso “lo specchio” dello stato d’animo di una persona.

Nella vita di tutti i giorni, infatti, quando ci capita di conversare con un amico, che probabilmente conosciamo da diversi anni, riusciamo a capire anche l’umore che egli stesso nasconde dietro a quelle parole, tanto da spingerci a chiedergli: “Cosa c’è che non vuoi dirmi? Successo qualcosa?”

Insomma, una percezione sensoriale frutto dell’assidua frequentazione, quasi familiare, che si instaura tra due persone legate magari da interessi reciproci.

Allo stesso modo avviene tra gli ascoltatori e lo speaker di quel programma da loro particolarmente prediletto, che li accompagna quotidianamente nel pieno delle faccende domestiche o in auto di ritorno dal lavoro.

Quasi un “feeling”, metafora di un rapporto amichevole e confidenziale che si instaura tra il pubblico e il conduttore, anche se quest’ultimo geograficamente distante, ma vicino, grazie anche alla massiccia interazione che oggi offrono i nuovi canali di comunicazione, quali i social-network. Tra i post, infatti, vi potrebbero essere commenti in cui vi è un chiaro riferimento all’humour di chi è dietro al microfono: stanco, nervoso, etc. L’ascoltatore attento potrebbe accorgersene, così come a notarlo è il fonico dall’altra parte del vetro o addirittura il direttore artistico che, in sede in riunione, non nasconde il suo disappunto, chiedendo spiegazioni allo speaker in merito all’atteggiamento un po’ sottotono.

Insomma, la voce non mente, in qualsiasi situazione o contesto. Indubbiamente, anche in un’azienda radiofonica, così come in tutti gli ambienti di lavoro, vi potrebbero essere le cosiddette “giornate no”, quelle dove non si ha voglia nemmeno di ascoltare i propri colleghi. La differenza sta, secondo noi, nel non far trasparire questo possibile malessere all’occhio, anzi alle orecchie del pubblico, il quale, ben fedele al programma, non si lascia sfuggire niente, nessuna sfumatura anche relativa alla conduzione.

Necessario, quindi, è tramutare quelle giornate cominciate male, in positivo, soprattutto nel momento in cui si accende la luce rossa dell’ “on air” che da inizio alla diretta, il tutto anche per evitare un possibile allontanamento degli stessi ascoltatori, conseguenza poi dell’ inevitabile calo di ascolti.

Cercare quindi ad esempio nelle due ore in cui si è in onda, di relegare in secondo piano diatribe  o incomprensioni avute in privato magari proprio con gli altri dipendenti, affinché lo stato d’animo possa essere favorevole verso il numeroso pubblico desideroso di ascoltare il confidente, l’amico radiofonico di sempre.

E il vostro, chi è ?

 

Articolo a cura di Maurizio Schettino

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