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Frank, Conduttore Radiofonico di Radio Deejay incontra Radiospeaker.it

Radiospeaker.it incontra Frank (Francesco Lotta), una delle nuove voci del palinsesto di Radio Deejay. Con lui parliamo dell’emozione che si prova arrivando in un grande Network e realizzando quindi il sogno di una vita, di tecnologia all’interno della radio (è un grande appassionato) e di tanto altro ancora. Frank si fa conoscere nell’emittente di via Massena due anni fa grazie ad “un giorno da Deejay” poi, insieme all’ormai inseparabile Sarah Jane Ranieri, forma una coppia che col tempo è diventata affiatatissima.

Oggi li possiamo ascoltare tutti i weekend, con “Weejay”, il sabato dalle 16 alle 19 e la domenica dalle 14 alle 18. Non solo, perché in queste settimane saranno gli “inviati ufficiali” delle selezioni per x-factor 6 e seguiranno tutte le tappe dei casting dal Deejay truck. Pronti anche ad altre incursioni nella programmazione della radio e a fare compagnia agli ascoltatori nei prossimi anni. A voi l’intervista e come direbbe Frank… yO!

La tua storia con Radio Deejay inizia grazie al casting “un giorno da Deejay” di due anni fa, sei la persona più indicata per questo tipo di domanda: qual è la sensazione, l’emozione di ricevere il fatidico “si” ad un provino?
Per me l’esperienza di “Un giorno da Deejay” non è stata vissuta come un provino con il quale dover dimostrare qualcosa, e credo che il progetto non fosse stato ideato come casting. Lo spirito era quello di vivere un giorno come parte integrante della famiglia Deejay. Ed è quello che ho fatto. Ho affrontato il tutto davvero con l’idea di poter poi dire in futuro: “ehi, io ci sono stato”. Ho vissuto il passaggio live, soprattutto nelle prime fasi, come un ascoltatore che ha l’opportunità non solo di visitare la radio che sin da bambino lo accompagnava a scuola, quella radio che mi teneva compagnia alla sera mentre disegnavo fumetti o videogiocavo all’ultimo Super Mario Bros, ma addirittura di poter parlare ai suoi microfoni. Il mio obiettivo dopo il primo week end di diretta con Vic, era stato raggiunto: in onda su Radio Deejay. Certo quando ci hanno richiamati per la seconda fase ho iniziato a capire che forse si faceva sul serio. Ma nonostante questa vaga illusione non ho mutato il mio atteggiamento da divertito a speranzoso, perché non mi ritenevo adeguato per superare eventuali selezioni.

Ricordo ancora che con Laura Antonini (è lei che mi ha tenuto per mano nel secondo week end), esclamai in diretta:”Ma perché mi hanno richiamato?” Ovviamente ero felicissimo, ma la realtà, credo, è che non sono un speaker particolarmente talentuoso, non ho doti comiche e non provengo da una formazione giornalistica. Parlo ai microfoni e faccio radio perché per me è naturale, non mi sforzo, tutto qui. Questo anche grazie a quello che ho visto fare da mio papà nella radio locale in cui sono cresciuto: ho vissuto tra bobine, revox, mixer, giradischi e microfoni, e a 14/15 anni mi era capitato di fare interventi on air con un programma quasi tutto mio! Ed è stato subito amore.

Tra quei ragazzi e ragazze invece c’era gente che la radio la faceva davvero da tanto tempo, che aveva investito energie e denaro e meritava di esserci. Quindi, per rispondere alla domanda, l’emozione e la gioia crescevano in maniera proporzionale a quello che accadeva di settimana in settimana. Non vi è stato un verdetto o un esito finale in stile esame universitario. La sensazione è stata quella di raggiungere un obiettivo che sino a poco prima era idealizzato, ma con il trascorrere delle settimane e dei mesi diventava sempre più concreto.

Prima di quest’avventura a Radio Deejay avevi già avuto altre esperienze radiofoniche?
Sì, da ragazzino come scrivevo prima e poi per diverso tempo come programmatore musicale in una radio locale. Nel recente passato, prima di arrivare a Deejay, conducevo un programma in diretta tv e web su Current Italia: otto ore di live consecutive ogni giorno. Svolgevo il ruolo di speaker, redattore, regista audio e video: esperienza intensa e formativa.

Ho letto dalla tua biografia che sei molto appassionato di tecnologia. Quanto questa può rivelarsi utile nel lavoro dello speaker radiofonico o invece quanto può essere d’ostacolo?
Diciamo che in generale sono appassionato di quegli strumenti che permettono di influenzare il benessere di tutti, che semplificano la vita. Banalmente: oggi è considerato normale, ma poter ricercare grazie ad un computer, Internet e Google qualunque cosa ci venga in mente o qualunque argomento si tratti durante una diretta è una caratteristica che in passato, per chi faceva lo speaker, non ci si poteva permettere. Riuscire poi, grazie ai social network, a condividere e ricevere istantaneamente notizie, immagini e video da (quasi) ogni parte del mondo è davvero un bel traguardo.

Quindi se per tecnologia intendiamo anche l’utilizzo di hardware e software che facilitano e completano una diretta allora l’utilità è evidente. L’ostacolo secondo me può presentarsi nel momento in cui l’utilizzo di tutte queste risorse, forse troppe, rischiano di distrarre dall’unico compito che chi fa radio dovrebbe portare a termine: intrattenere, magari informando dove richiesto, senza annoiare.

Grazie ai social network, alle webcam, agli smartphone, la radio non ha più segreti, si possono vedere gli studi della diretta in ogni momento o immortalare immagini. Questo è un bene o un male?
E’ la naturale evoluzione. Non credo si possa affermare che sia un bene o un male. Forse si perde il mistero del volto del conduttore, ma a parte alcune eccezioni credo che per la maggioranza degli ascoltatori lo speaker resti solo una voce che fa compagnia nel quotidiano.

So che hai anche un tuo canale dove pubblichi file audio e contenuti personali, credi sia un buon modo di promuoversi?
Se usati con parsimonia ed attenzione allora sì. Registrare un breve video o un file audio in casa in cui si evidenziano le proprie capacità e qualità può essere una buona promozione di se stessi. Certo poi dare in pasto al mondo questo materiale in alcuni casi può essere rischioso. Credo sia necessario essere molto critici con se stessi.

Conosci Radiospeaker.it? Hai qualche consiglio per i giovani che vorrebbero fare questo lavoro?
Certo che conosco Radiospeaker.it, mi piace molto come trattate gli argomenti e gli spunti che spesso offrite. Consigli non credo di essere nella posizione di poterne dare. Forse un paio di suggerimenti che a me son serviti. Il primo: datevi una scadenza. Investite un periodo di tempo in cui dedicate tutte le vostre forze e le vostre energie al raggiungimento dello scopo. Può durare una settimana, tre mesi, cinque anni, decidetelo voi. Fatevi bene i conti in tasca (sempre che non siate milionari) e poi dateci dentro, ma rispettate quella scadenza. Se non avete raggiunto l’obiettivo nel periodo di tempo prefissato, siate cinici e rigidi con voi stessi. Se avete incontrato le persone giuste e non vi hanno scelto, non prendetevela con il mondo: dovete semplicemente capire che questo non è il mestiere che fa per voi. E’ duro da accettare, ma la consapevolezza dei propri limiti è la vera chiave di successo.

Il secondo: meno spocchia. Come Al Pacino suggerisce al giovane Keanu Reeves nel film “L’avvocato del diavolo”, dovete mantenere un profilo basso, apparire insignificanti. Dimostrate sul campo quali sono le vostre doti, senza esagerare. L’ultimo: se qualcuno imitasse il modo di ballare di Michael Jackson o quello di rappare di Notorious B.I.G. sarebbe, seppur bravo, un qualcuno che assomiglia a loro. Siete d’accordo? E’ quello che avete dentro, che vi rende originali. Non tentate di imitare questo o quell’altro speaker. Sarete sempre una copia, magari anche piacevole, dell’originale, ma pur sempre una copia. yO!

Articolo a cura di Nicola Zaltieri

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