HomeMagazinePromuovere la Musica in Radio: una scelta difficile

Promuovere la Musica in Radio: una scelta difficile

Senza genio non c’è arte. Nella musica il talento creativo è il punto di partenza su cui lavorare, crescere e sperimentare.

Ancora oggi il sistema non è completamente stabile, anche se nell’ultimo anno c’è  stata una ripresa delle vendite. Forse siamo vicino a una svolta, anche se questi tassi di crescita vanno confrontati con valori che sono calati molto negli ultimi dodici anni.

Il 25% in più, se sarà confermato, è un bel numero, ma fra il 2001 e 2014 il mercato italiano della musica è calato di quasi il 70%, quindi ce n’è ancora di strada  da fare in salita.

“Il vinile è in crescita da cinque anni ma si tratta di una forma particolare di collezionismo moderno i cui numeri possono soddisfare una piccola etichetta o un singolo artista, non l’industria che ha bisogno di ben altri volumi”, spiega Caterina Caselli, presidente del cda di Sugar srl, la più grande etichetta indipendente italiana.

La maggiore penalizzazione del mercato italiano è ancora dovuta alla logica pirata del consumo musicale “tutto gratis”. Purtroppo ci sono ancora molti giovani che vorrebbero lavorare nelle industrie creative e che non si rendono conto che scaricando gratuitamente la musica impoverirebbero le risorse che potrebbero invece essere reinvestite su di loro.

Dalla parte della musica anche Mara Maionchi, discografica e conduttrice radio televisiva: “Un cantante per diventare un prodotto vincente, deve fare una scelta unica in grado di caratterizzarlo. Tutti i grandi cantautori italiani da De Gregori a Dalla per arrivare al successo ci hanno messo almeno 4-5 anni e quasi altrettanti dischi di sperimentazione e crescita”.

Dalla produzione agli artisti i toni oggi possono cambiare, forse perché la prospettiva è diversa. Da un lato ci sono gli editori che cercano faticosamente di lasciarsi stupire dall’ artista emergente, cercando comunque di sorprendere il pubblico e il mercato, dall’altra il talento nostrano che vince con la sua creatività e positivamente crede che la crisi della discografia sia in qualche modo superata. Due facce della stessa medaglia che si confrontano su un dato comune. Meno prodotti usa e getta in radio e in televisione.

Eppure la colpa dell’andamento del mercato italiano non può essere data alle Radio. Non è sempre facile valorizzare musica emergente interessante e attuale. Oggi si punta molto sull’elettronica italiana e sulla dance e il settore è in profondo fermento.  Siamo, tra l’altro, in tempi di polemiche sul fronte musica.

Da una parte l’appello della FIMI per la costituzione di ‘quote radiofoniche’ obbligatorie per le opere, così come avviene per il settore cinema, richiesta che auspica l’obbligo di riservare il 20 % della programmazione radiofonica alle opere prime e seconde di artisti italiani, dall’altra invece l’invito della discografica Caselli alle radio in vista di una maggiore promozione.

Mi piacerebbe anche che la radio e la tv pubblica sapessero offrire percorsi di selezione riservati ai nuovi talenti italiani corredati da un impianto critico magari meno spettacolare ma per quanto possibile legato alla creatività dei soggetti più che alla capacità di fare ascolti.

Le radio possono senz’altro contribuire alla rinascita della cultura musicale italiana, favorendo il ricambio generazionale del cantautorato di qualità, ma il carico non può pesare sulle emittenti radiotelevisive.

Molti paesi europei come Germania e Francia investono sui giovani talenti a prescindere dalla rotazione radiofonica. In fondo il lancio di un emergente richiede più canali e se un artista ha carisma da vendere sicuramente le Radio se ne accorgeranno. 

La musica italiana, di fondo, germoglia più che mai tra Festival di Sanremo, Radio e  Talent Show.

Articolo a cura di Nicoletta Zampano

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