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Le radio universitarie, "gli altri siamo noi"

Le radio universitarie, "gli altri siamo noi"

“Libere” è l’aggettivo qualificativo, femminile, plurale, che meglio identifica la macro area delle radio universitarie. E’ quel sogno sessantottino che si ripropone in una veste tutta nuova, digitale, figlio di una rivoluzione comunicativa cominciata a metà anni ’90 con l’arrivo del web, della digitalizzazione delle informazioni e dell’aumento della diffusione della cultura.

In barba al linguaggio comunicativo pubblicitario, breve, quello raccontato culturale ha codici e tempi diversi, ma anche un fascino tutto suo. Sono alcuni dei fattori ad aver inciso nel cambiamento di cui siamo protagonisti. Il sistema delle radio universitarie favorisce l’affermarsi di un linguaggio radiofonico nuovo, raccontato, dettagliato, giornalistico.

Queste, viaggiano soprattutto sul web, alla velocità della rete, e seguono standard personali, personalizzati, a seconda dell’ateneo di cui sono interpreti.  In Italia il fenomeno prende corpo di recente, mentre in UK e in America garantisce risultati da oltre dieci anni, ma questa è un’altra storia!

Di certo c’è che il sistema radiofonico italiano, nell’insieme, presenta le emittenti di Stato, con la loro identità; quelle private commerciali, nazionali; e le radio universitarie. Tre organismi in concorrenza tra loro: i primi due in competizione spietata, dal momento che tendono a somigliarsi sempre di più, per format e qualità dei programmi; mentre la nascente area universitaria dimostra una verve tutta nuova, seppure con qualche venatura “antica”.

Quella delle radio libere era l’epoca in cui ci si poteva esprimere senza censure, liberamente, senza un clock predefinito, senza dover sottostare a determinate logiche di mercato, ma soprattutto erano emittenti di parola e non di sola musica. Funziona più o meno così con le talk radio studentesche, destinate a dimostrare che la radio non è solo musica e spot, ma contenuti, informazione, interviste, miscelati ad un po’ di musica.

Si parla, dunque, di radio universitarie italiane come di un sistema a sé perché tutte accomunate dall’obiettivo di rappresentare l’ateneo di riferimento, attraverso il contributo di docenti realizzano programmi ad hoc finalizzati a migliorare la vita degli studenti, dal punto di vista formativo e non solo.

Rafforzano l’identità del centro di ricerca che interpretano, sono un punto di riferimento per gli iscritti, in alcuni casi anche un punto di ritrovo e socializzazione. La maggior parte delle emittenti universitarie italiane naviga in rete, ma la diversità di alcune di loro si coniuga anche attraverso l’etere. Radio Cusano Campus, ad esempio, neonata emittente universitaria, può essere ascoltata anche in FM a Roma e in tutto il Lazio sugli 89,100 e non solo attraverso il web.

Così le “college radio”, o “radio comunitarie”, sulla scia degli esempi internazionali, avrebbero tutte le caratteristiche che servono a dimostrare che la radio sa andare oltre i vecchi schemi. Ora però bisogna pensare al salto di qualità, le radio universitarie dovrebbero diventare anche tv, tanto i prezzi del web sono talmente irrisori, che si fa presto ad ingrandirsi!

Svariati studiosi di recente lamentavano l’eccessiva somiglianza tra le radio, ma l’alternativa c’è, l’alternativa siamo noi, o come direbbe un famoso artista “gli altri siamo noi”.

 

Articolo a cura di Annalisa Colavito

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