HomeMagazineCosa fa uno speaker quando in onda c’è Pubblicità o Musica? Ce lo dice Stefano Piccirillo

Cosa fa uno speaker quando in onda c’è Pubblicità o Musica? Ce lo dice Stefano Piccirillo

Ci scrive da Radio Kiss Kiss, Stefano Piccirillo, speaker e co-autore con la Redazione Artistica e Musicale della stessa. In questa lettera si racconta e ci racconta cosa succede mentre in radio è in onda la musica, la pubblicità o il notiziario…

Parlo. Con il mio regista. Si. Ma parliamo della nostra vita , cosa è successo a casa o quello che abbiamo visto e sentito la sera prima.

Non sono mai seduto, quando non parlo al microfono in diretta, perlomeno non su quella sedia. Quella postazione è troppo importante per me e la utilizzo esclusivamente per parlare alla radio, ai miei ascoltatori. Lo tratto come un posto speciale. Se devo guardare qualcosa al Mac, lo faccio nella stanza accanto alla diretta.

Il pc dello “Studio On Air”, lo utilizzo solo per vedere le cose all’ ultimo momento , gli sms degli ascoltatori, i commenti sul sito, ma per tutto il resto, mi piace andare in onda come se entrassi per la prima volta ad ogni intervento. Mantengo cosi’ la freschezza e l ‘adrenalina di inizio trasmissione. Ogni volta che faccio un programma provo sempre emozione, la giusta tensione e la voglia di cominciare al più presto. In una parola: entusiasmo.

A meno che non ci sia un pezzo che mi emozioni particolarmente , non resto con le cuffie in testa, ma quando sento una canzone che mi piace aumento il volume a palla, vivendo l’ ascolto del mio programma, esattamente come un ascoltatore. Infatti per essere più vicino al mio pubblico, ascolto sempre la musica appena annunciata e tutto il prodotto dalla stanza accanto alla diretta quasi in sottofondo.Mi piace entrare nei panni di chi ascolta,  indossare i loro ” vestiti “.

Inoltre, chiacchiero con gli ospiti che vengono in trasmissione, rivolgo un occhio al mio cellulare silenzioso appoggiato in regia. Questo perchè non bisogna mai perdere di vista la vita, è la stessa che alimenta il tuo programma. E’ il mio modo di essere concentrato.Quello che racconterò in onda, talvolta, è ciò di cui ho discusso con il mio primo ascoltatore: il mio regista. Ne parlo con lui come farebbero due amici al bar; non è una prova, ma capisco così se l’ argomento di discussione che proporrò in onda suscita interesse o meno.

Mi piace che vi sia un clima divertente all’interno degli studi e comunque molto sereno. L’ energia che passa prima in radio è la stessa che avvertono gli ascoltatori, quindi la radio per me deve essere casa. Quest’ultima è la stessa sensazione che provo quando torno al microfono ed è proprio questo a conferire naturalezza al tutto: “Il microfono diviene un ponte tra quello che vivo e gli altri”.

Sono molto attento alla tecnica nei miei interventi, cerco di non ripetermi mai e di entrare sul disco in modo proprio. Se è un disco italiano cerco di farlo cantare fino alla fine e di non troncarlo, cerco di far compiere la storia al brano e di entrare con un tono di voce spontaneo e appropriato rispetto al mood musicale della canzone stessa.

Ritengo che la radio sia un corpo unico tra musica, parlato e tutto il resto e scelgo di farla “digerire” cosi’ all’ ascoltatore: senza paletti o divisioni. Tra un disco e l’ altro creo le situazioni di onda ed anche quelle che combinano la parte tecnica con lo speaker. Ad esempio trovare la base giusta per quella notizia, un trailer se parlo di un film, un sample di un pezzo del personaggio in questione che mi faccia da base. La base che viene definita come “generica”, sotto la voce del dj, ho scelto di non utilizzarla più.

“Il concetto di parlare di un x personaggio non deve essere solo vocale e parlato, ma anche come supporto audio l ‘ascotatore va coccolato, deve capire in qualsiasi momento attraverso la base che è sotto di te mentre conduci in modo da riconoscere il personaggio o la vicenda della quale stai parlando e sopratutto di cosa stai discutendo.”

Prediligo il lavoro di squadra e poi ci sono i colpi dell’ estro , quelli che a 1 minuto dalla fine del disco ti vengono in mente e , in interfono dici al tuo regista: “trovami questo “. Insomma i numeri con il pitone, che sono il sale della radio.  In tutto questo c’ è la preparazione del programma. Un’ ora e mezza prima sono in radio ed organizzo tutto, poi ci sono i cambiamenti in corsa e le creazioni, ma la base di un programma deve eeserci sempre. Documentarsi, incuriosirsi sopratutto e incuriosire, senza attingere forzatamente dalle agenzie,  ma vivendo, portando il proprio vissuto e le proprie passioni , si spera tanto, al servizio di chi ascolta.  Adoro i passaggi disco/disco dove unisci la tecnica di entrata e di uscita dando anche un messaggio, un contenuto netto.

Infine c’ è l’ immancabile chiamata al bar per un caffè, gli ascoltatori che vengono a torvarti, i lettori per avere la firma del dj sul libro , i curiosi, i colleghi che passano in radio e li c’è scambio, c’è creatività.  Non credo all’ isolamento dello speaker , ma sono un convinto assertore della concentrazione del comunicatore. Non troppa libertà e non troppo isolamento.

Ma dovete sapere che, cascasse il mondo, io quando accendo l’ on-air non penso ad altro.

Stefano Piccirillo

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