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La Radio ai tempi del Vinile

Da buoni amanti del mondo radiofonico, ma non solo, avrete sicuramente visto il film Good Morning Vietnam con Robin Williams; e avrete anche bene in mente il personaggio che interpreta, il disc jockey Adrian Cronaeur, che si muove come un forsennato da una parte all’altra dello studio per cercare, selezionare e mettere sul piatto un 33 giri dopo l’altro.

Già, i dischi in vinile. Spesso ce li dimentichiamo, ma la storia della musica è indubbiamente incisa su questi supporti fatti di piccoli solchi, e di conseguenza anche la storia della radio viaggia accanto al vinile. Tutto inizia nel 1948 quando in America viene ufficialmente lanciato il cosiddetto microsolco, più comunemente chiamato disco o vinile, e ce ne sono di varie dimensioni e velocità, dai 33 ai 78, passando per i 45 giri al minuto. In realtà i 33 e i 45 sono un’evoluzione del 78 giri, che infatti dopo alcuni anni uscì di produzione e, ancora oggi, sono solo i primi due ad essere stampati.

Dicevamo che i dischi sono da sempre un’unica essenza con la radio, e quest’ultima sembrava forse più vera e sincera quando la musica veniva trasmessa dal vinile. Ogni disco, pur dello stesso artista, era diverso, il suono meccanico ed analogico produceva delle piccole irregolarità che con il tempo erano anche causate dalla polvere, da piccoli graffi o dalle “pieghe” subite. Anzi, un disco “piegato”, quindi non perfettamente piatto, poteva essere così dalla sua nascita, il che lo rendeva unico.

Un disc jockey nelle piccole radio era creatore non solo del suo programma, ma in un certo senso anche della musica che trasmetteva, con l’atto di mettere un vinile sul giradischi per poi far scorrere su di esso la puntina. Era come una magia creata dallo speaker o dal regista, e i fruscii che nascevano erano irripetibili. Gli LP (long playing, nome con cui possiamo chiamare i 33 giri), diminuirono le vendite fino a scomparire verso la metà degli anni 90′, a causa dell’avvento del compact disc, che tutti ben conosciamo.

Le radio, in primis nazionali e col tempo quelle locali, iniziarono a trasmettere musica in digitale, guadagnandone in comodità ma perdendo quel calore e quella diversità di suono che ogni singolo disco poteva regalare. Chiaramente non si può discutere sull’utilità della tecnologia per selezionare centinaia di canzoni per l’ascolto, ma se pensiamo che adesso con un solo click parte una canzone, personalmente provo un po’ di nostalgia; come scritto qualche riga sopra la musica non è più creata, ma semplicemente trasmessa. Lo so, è una visione romantica, ma non si discosta poi tanto dalla realtà poiché i vinili sono morti solo per un decennio per poi ripresentarsi prepotentemente negli ultimi anni sulle scene musicali!

Una resurrezione dovuta all’avanzare degli store digitali (e dei download illegali) che permettono di portare “in giro” la musica con i lettori mp3 al posto dei lettori CD. Di conseguenza si comprano meno compact disc, nelle case si ascoltano i dischi che i giovani stanno riscoprendo grazie al fascino che portano, alla purezza del suono e ai ricordi che rianimano nei cuori di chi ha più di un capello bianco. E questo fascino aumentava in radio, con i dj che arrivavano con i loro dischi e mettevano la loro musica, canzone dopo canzone.

Tuttavia le radio nazionali, ma anche medio piccole, non sono certo tornate a “mettere” dischi, anzi le regie sono totalmente automatiche, le canzoni preselezionate e mai si tornerà indietro, anche se il vinile viene usato per pubblicizzare i programmi radiofonici (basti pensare a Long Playing, il “nuovo” appuntamento su Virgin Radio con Paola Maugeri). Da romantico amante del vinile amo l’idea della piccola radio locale in cui il conduttore possa ancora arrivare con la sua borsa piena di dischi e ricreare quella magia radiofonica che oggi non esiste più, sostituita forse dalla troppa tecnologia che rende la musica, ovvero l’essenza della radio, fredda e quasi distante dall’ascoltatore.

Certo, anche questa è una visione fin troppo negativa, la tecnologia semplifica enormemente la vita, ma quanti di voi vorrebbero ascoltare la radio sapendo che la musica trasmessa stia nascendo da una puntina che solca un vinile? Io lo desidero con tutto il cuore.

Articolo a cura di Davide Porro

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