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In radio basta il talento?

Quanta gavetta, impegno e determinazione per raggiungere il sogno tanto ambito, frutto di quella passione indispensabile e alla base del lavoro che più si ama. E per molti  è proprio quest’ultimo il risultato più soddisfacente: realizzarsi, facendo quotidianamente ciò che da piccoli è stato il desiderio e l’aspirazione più grande.

E la radio centra in pieno quest’obiettivo. Chi ora trasmette all’interno di contesti abbastanza importanti ricorderà sicuramente i primi tempi in cui magari tutto era nato per gioco, diventato poi lavoro a tutti gli effetti con i suoi pro e contro. Probabilmente più pro.

C’è un indubbio privilegio a trasmettere in emittenti nazionali, a dirlo sono gli stessi addetti ai lavori, a questo però non deve corrispondere il raggiungimento di un traguardo.

Abbiamo spesso affermato che crescere e rinnovarsi professionalmente, magari cambiando emittenti, potrebbe risultare utile per mettere in pratica le proprie potenzialità e quindi rapportasi a situazioni sempre nuove e utili nel corso del percorso artistico.

Ed è proprio lungo l’iter di esperienze alla base della carriera di uno speaker che vi potrebbe essere qualche addetto ai lavori, magari abbastanza esperto e motivato, tanto da affermare di fronte ad un giovane conduttore: “Caspita, hai talento!”

Chi non vorrebbe sentirsi dire una cosa del genere.

Quando poi ciò viene detto da un direttore artistico o da un editore, il tutto assume sicuramente un valore in più.

Ma oggi, considerando la situazione radiofonica generale, quanto conta il talento? O comunque, può bastare?

Una domanda questa, che potrebbe avere diverse risposte cosi come tante obiezioni, considerando le scelte che oggi vengono fatte all’interno dei vari comparti artistici delle radio.

Inutile girarci intorno, noi di Radiospeaker.it ne abbiamo parlato spesso e probabilmente continueremo a farlo; la presenza di “televisivi” o di “personaggi” del mondo mediatico pare che da un po’ di tempo la stia facendo da padrona tra i palinsesti dell’FM  nazionale.

E queste decisioni spesso vengono fatte risalire ad un altro aspetto, principe della radiofonia, ovvero gli ascolti. Tutto ormai sembra relazionato a questo, aggiungerei, alla visibilità. Che paradosso!

La radio che nasce come mezzo prettamente d’ascolto, ora vive d’immagine, sinonimo di notorietà. Inevitabile quindi storcere il naso, soprattutto da parte proprio di quegli stessi speaker in erba che si sono sentiti dire precedentemente : “Caspita, hai talento!”

Un dispiacere maggiore se poi a questa affermazione corrisponde una scelta diametralmente opposta che potrebbe rivelarsi non proprio all’altezza di una corretta e professionale conduzione radiofonica.

Forse oggi la scelta di nuovi speaker tende leggermente a mettere in secondo piano quelle qualità che prima erano priorità, vedi la voce perfetta oltre ad una tecnica adeguata. E qui entra in gioco anche il discorso del “personaggio” radiofonico che va fuori dai canoni del conduttore standard, almeno come siamo soliti immaginarlo.

Indubbiamente la radio si è evoluta e non accenna ad arrestarsi, anche per quanto riguarda l’aspetto esclusivamente artistico. E chi ha speso anni di fatica in una costante gavetta? E magari ha talento? Deve restare a guardare? O, al contrario, deve essere riconosciuto per poter far radio?

Speriamo vivamente di no o comunque ce lo auguriamo. Anche perché, noi amanti della radio, non vorremmo essere passivi spettatori di uno show anzi, “talk-show”,che già la tv ci propina ogni giorno.

Che ben venga quindi lo speaker apprezzato per il suo vero talento, anziché  per il suo grado di conoscibilità mediatica e non solo……… avete capito, no?

 

Articolo a cura di Maurizio Schettino

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