Claudio Cecchetto a Gurulandia: “La radio deve vendere musica”
Claudio Cecchetto torna a far discutere. Ospite dell’ultima puntata di “Gurulandia”, il podcast condotto da Marco Cappelli e Simone Salvai, il talent scout più celebre della radio italiana ha affrontato temi chiave per il futuro del mezzo: rapporto con gli inserzionisti, attenzione del pubblico, ruolo della musica e crescita dei podcast.
Un intervento ricco di spunti che tocca da vicino chiunque lavori in radio.
Inserzionisti e media: “Gli sponsor vogliono essere protagonisti”
A chi gli chiedeva come siano cambiati i rapporti con i clienti pubblicitari, Cecchetto ha sottolineato come il mercato si stia orientando sempre di più verso formati innovativi e piattaforme digitali:
“I clienti cercano sempre cose nuove. Si sono buttati tantissimo sul web. Oggi anche gli sponsor vogliono essere più protagonisti.”
Secondo Cecchetto, la pubblicità tradizionale fatica a reggere il passo con modalità di fruizione sempre più rapide e visive.
“Preferiamo vedere: l’occhio è più sensibile dell’orecchio”
Con il diffondersi delle radiovisioni e della fruizione social, Cecchetto individua un cambiamento profondo nel comportamento del pubblico:
“Preferiamo vedere. L’occhio è sette volte più sensibile dell’orecchio. L’ascolto della radio rimane soprattutto in auto, perché devi guardare la strada.”
Da qui la necessità, secondo l’autore e produttore, di adattare i contenuti ai nuovi tempi e ai nuovi ritmi.
La musica in radio? “Serve a vendere, non a far ascoltare”
Il passaggio più forte della conversazione riguarda proprio la centralità della musica nelle programmazioni:
“La radio deve servire a vendere musica, non a fartela ascoltare. Io ti faccio sentire quello che esce: se ti interessa, vai su Spotify o YouTube.”
Una provocazione che parte da un’osservazione concreta: la musica è ovunque, mentre il valore aggiunto della radio si sposta sempre più su selezione, scoperta e personalità delle voci.
E sui brani in rotazione, Cecchetto non ha dubbi:
“I primi 15 secondi sono decisivi. Se l’introduzione è troppo lunga, la gente cambia.”
Podcast e parlato: “Oggi c’è bisogno di più parole”
Nell’ultima parte dell’intervista, Cecchetto analizza l’esplosione del podcast come risposta naturale all’eccesso di musica disponibile:
“Quando ho lanciato Radio Deejay lo slogan era ‘In poche parole, tanta musica’. Oggi ce n’è troppa di musica. Bisogna aumentare il parlato: fa la differenza.”
Per Cecchetto, il podcast funziona proprio perché recupera valore narrativo, approfondimento e rapporto diretto con la voce.
Un intervento che conferma, ancora una volta, quanto il dibattito sul ruolo della radio nel 2025 sia più vivo che mai — e quanto la sua evoluzione passi attraverso creatività, identità e capacità di reinventarsi.