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Danny Stucchi: Il Direttore Programmi di Radio Capital

Oggi Radiospeaker.it incontra Danny Stucchi, direttore programmi di Radio Capital. Ci ha ospitati direttamente in sede, nel suo ufficio: ordinato, gentile e disponibile come immaginavamo. Ecco cosa ci ha detto:

Da luglio 2010 lei è diventato il direttore programmi/direttore artistico di Radio Capital (dopo l’arrivo di Linus e dopo una breve parentesi di gestione Curti).
Si, anche se Curti aveva un ruolo differente, diciamo l’omologo del mio su Radio Deejay.  Per tantissimi anni ho fatto lo Station Manager e riconosco che la responsabilità che hai da n°2 è differente, cioè quella di gestire l’operatività di una radio. Ovvio che poi ci puoi mettere qualche idea artistica, ma il tuo approccio con lo staff è molto diverso da quello di un Direttore Artistico puro.

A proposito di ruoli, c’è spesso una confusione riguardo il ruolo dello Station Manager, quello del Direttore Artistico e quello del Direttore Programmi, puoi aiutarci fare chiarezza?
Secondo la definizione standard, lo station manager è il direttore della radio. In realtà  in Italia lo sviluppo gerarchico delle radio è andato un po’ con le proprie gambe e si è sviluppato in modo diverso a seconda dei vari gruppi editoriali. Centrale è il ruolo del direttore “del prodotto radio”, cioè colui che decide le strategie della radio, decide i formati dei programmi o il formato della radio (se è una radio di flusso) ed è colui che dialoga direttamente con la squadra dei conduttori: dj, intrattenitori o giornalisti che siano. Poi ci sono dirigenti o responsabili subalterni che pensano alla produzione e che fanno da tramite nella parte operativa.

Io sono il direttore dei programmi e in una struttura piccola come quella di Radio Capital (rispetto alle altre radio più grandi) mi occupo un po’ di tutto: oltre alla parte cosidetta artistica è mia la gestione del personale, dalle ferie degli speaker e del personale dipendente, fino all’aspetto tecnico della radio. Ti faccio un esempio: in tempi recenti abbiamo creato un gruppo di lavoro con il nostro settore tecnico per l’introduzione di mixer digitali su Radio Capital e Radio Deejay e a quel tavolo di lavoro oltre al responsabile tecnico ci siamo sia io per Radio Capital che Linus per Radio Deejay. Come puoi capire quella del direttore è una figura abbastanza trasversale.

Com’era Radio Capital, com’è adesso e come sarà?
Ho accettato di dirigere Radio Capital in quanto lo ritengo un progetto molto interessante ma anche per un motivo personale. Per 25 anni a Radio Deejay ho fatto di tutto, con grande soddisfazione sempre. Ho anche avuto la fortuna di avere due direttori da cui ho imparato molto: Claudio Cecchetto per la parte più romantica, quella legata al fattore artistico e ad un senso di bellezza della radio. Linus per la fase più industriale, quella in cui devi dialogare con il mercato, in cui hai una concorrenza sempre più agguerrita e hai a che fare con una concessionaria pubblicitaria importante come la Manzoni. Questa mia esperienza ha portato l’editore a propormi la direzione di Radio Capital e vi confesso che ricevere un progetto come questo da seguire al 100% è stato un regalo fantastico.

Che cosa ho trovato? Una squadra molto preparata. Di solito quando si desidera riposizionare un prodotto, chi diventa project leader tende a portare con sè la sua squadra. E’ una cosa che io non ho voluto, soprattutto verificando fin dall’inizio che qui c’erano già dei giocatori, degli allenatori, dei tecnici perfettamente all’altezza.  Quello che ho trovato, oltre ad una grande professionalità, è stata una grande voglia di darsi da fare. L’umore non era proprio alle stelle per il fatto che negli ultimi anni Radio Capital aveva un po’ sofferto per la distribuzione degli ascolti e fatto un po’ fatica dal punto di vista pubblicitario. Quello che ho fatto è cercare di tirare fuori da ognuno il massimo, compresa la squadra dei giornalisti (che poco dialogava in precedenza con il resto del team), anzi ne ho voluto fare un punto di forza della radio, avendo a disposizione dei professionisti più che competenti, e ho puntato su di loro: bisognava distinguerci dalle altre due radio del gruppo e se possibile dalla concorrenza.

Dal punto di vista musicale ho pensato di recuperare ciò che era stato iniziato con buon senso da Carlo Mancini e dare una svolta decisiva e decisa: per almeno due/tre anni  ho deciso di restringere al massimo il campo musicale in modo che chiunque si fosse sintonizzato su Radio Capital avrebbe trovato una linea musicale ben definita. Il messaggio sembra che sia arrivato, anche i colleghi che sono qui da molti anni mi dicono che il rapporto con le case discografiche è migliorato molto e posso ritenermi soddisfatto, ovvio che il lavoro è appena cominciato.

Anche sul fronte dei contenuti non ci sono stati molti dubbi, abbiamo scelto la formula dell’infotainment – molto in voga nella tv americana, ultimamente anche in quella italiana – cioè trasformare l’informazione e la politica in uno show.   Tieni presente che il nostro direttore editoriale,  Vittorio Zucconi, è una firma tra le più prestigiose in Italia e su mio consiglio ha realizzato il suo nuovo programma (TG Zero ore 19.00 NDR). Ho sempre pensato che la sua capacità di trattare qualsiasi argomento combinata alla sua cultura e alla sua verve fossero adatti per un one man show anche per una radio di intrattenimento come Radio Deejay; quando ho assunto l’incarico a Radio Capital non ho avuto esitazioni…

Puoi darci alcune anticipazioni o modifiche in vista dell’estate o del prossimo anno?
Intanto  c’è da dire che questi due anni in cui sono mancati i dati d’ascolto, ci hanno dato modo di fare un po’ di laboratorio. Sotto alcuni aspetti quindi non è stato un periodo del tutto negativo. Lo è stato dal punto di vista commerciale, vendere un prodotto radiofonico è più difficile se non si hanno argomenti tangibili da proporre ai clienti. Tuttavia il modello che proponiamo, che crediamo molto chiaro, è arrivato alla nostra concessionaria, ai clienti, ai centri media che oggi ci attribuiscono un ruolo preciso che forse fino ad un paio d’anni fa non c’era. Questo mi fa capire che c’è gente competente, che sa valutare e riconoscere il prodotto al di là di quello che dice la tabella numerica; per fortuna non c’è solo l’aritmetica ma anche la qualità ed il gusto. Di conseguenza in questi ultimi due anni abbiamo tenuto il prodotto ben fermo, anche perché 24 mesi sono il minimo indispensabile affinché l’audience comprenda il lavoro che si sta facendo.

Eventuali cambiamenti li rimandiamo al prossimo autunno, quando leggeremo i dati che ci verranno attribuiti (Dati di GFK Eurisko che dovrebbero uscire a Maggio N.D.R.). Grazie a questa nuova indagine avremo a disposizione alcuni elementi qualitativi oltre che quantitativi che potranno aiutarci a prendere qualche decisione. In linea generale il pensiero che stiamo facendo è quello di coinvolgere un personaggio o più personaggi famosi che ci aiutino a rendere ancor più visibile il marchio. Chi si avvicina a noi ci inserisce subito nel proprio panel (i primi 6 tasti di memorizzazione di un’autoradio NDR), ma molti non sanno ancora che ci siamo. Qui ritorna Il tavolino con le famose tre gambe cioè prodotto, distribuzione e marketing, vale a dire pubblicità ed esposizione del marchio. Ovviamente non si tratterà di un prodotto civetta, per fare un esempio non chiameremo Pippo Baudo solo perché si chiama Pippo Baudo; cercheremo invece un personaggio famoso che sappia innanzitutto portare un buon prodotto radiofonico ed esportare i valori di Radio Capital. Qualche nome in mente ce l’abbiamo ma non te lo dirò (…ride), sia maschile che femminile, abbiamo due o tre contatti. Per il resto ci sono molte idee, sia i conduttori che i giornalisti, ma anche i fonici, non smettono di mandarmi input e proposte.

Si è parlato tanto del caso Sergio Mancinelli, un caso conclusosi con la riassunzione di Mancinelli nel palinsesto di Radio Capital. Se non ci fosse stata questa sentenza lo avrebbe richiamato comunque?

Ti racconto un aneddoto: pochi giorni dopo aver ricevuto l’incarico a Radio Capital ho portato a pranzo alcuni miei collaboratori, amici che ho  da anni a Milano, e parlando con loro (non ero assolutamente al corrente del caso Mancinelli) mi chiedevo cosa si sarebbe potuto recuperare delle origini di Radio Capital e ricordo che ingenuamente chiesi se qualcuno di loro conoscesse Sergio Mancinelli perché mi dava l’impressione di essere un bravo professionista. Dopo il mio arrivo a Roma ho appreso del suo caso per cui l’ambito in cui ci siamo conosciuti è stato ovviamente diverso…ma questa è storia.

Ciò che ho voluto chiarire a Sergio quando abbiamo cominciato a lavorare assieme è che la vicenda che riguarda la persona e l’azienda deve svilupparsi attraverso canali che vengono gestiti dai rappresentanti legali di entrambe le parti e da un giudice che dirà in modo definitivo chi ha avuto un comportamento corretto e chi no. Io ho chiesto ad entrambi di occuparmi solo della parte artistica, anche perché se il mio rapporto con Sergio si fosse sviluppato in modo tradizionale non avrei parlato di dettagli contrattuali ma più naturalmente del tipo di musica da suonare, dell’idea del programma da realizzare e di come sviluppare un progetto insieme, e così è stato.

Quindi l’avresti comunque chiamato?
Eheh..questo è il gioco dei se e dei ma. Come ti dicevo raccontandoti quell’aneddoto, è possibile.

Qual è il programma o lo speaker che Danny Stucchi sogna di inserire nel palinsesto di Radio Capital?
Guarda fare dei nomi è sempre antipatico e al momento non c’è un nome preciso. C’è da dire che la questione riguardante lo speaker che identifica anche un programma si è sviluppata molto a Radio Deejay, che da quel punto di vista è diventata un modello anche per le altre radio. Ma è un caso che non esiste in alcuna parte del mondo, è un extra beat nato sul finire degli anni ‘80 perché un certo gruppo di persone ha condiviso un gusto particolare e ha fatto diventare il contenuto delle trasmissioni la vetrina di loro stessi, delle loro personalità. Questa cosa, a mio avviso, non è applicabile nelle altre radio. Più volentieri preferisco pensare che un conduttore mi proponga un format o un programma adatto a Radio Capital, perché vuol dire che se lo sente addosso. Oppure, al contrario, si parte da un’idea per cercare la persona, il personaggio o il conduttore adatto a rappresentarla. Scegliere un conduttore senza abbinargli un’idea, nella radio di oggi è un po’ poco.

Possiamo dire che Capital è una radio culturale: un bene per la qualità del prodotto, ma in termini economici, la qualità paga?
Scegliere un contenuto mediamente alto non significa fare una radio troppo di nicchia: l’intento è quello di riuscire a trasmettere dei contenuti e puntare sul modo in cui proporli ad un pubblico che sia il più ampio possibile, con un linguaggio che sia in equilibrio tra quello giornalistico puro e quello radiofonico-colloquiale, poco serioso e poco formale. L’essere diversi dalle altre radio viene apprezzato dal mercato. Anche se alla fine varrà il dato che ci verrà attribuito, da quello non si scappa.

Cosa ne pensa di Radiospeaker.it?
Cosa ne penso di Radiospeaker.it? Finalmente un portale che sia innamorato della radio e che non sia il solito sito dove chiunque pensa di avere in tasca la verità, mi riferisco a chi per avere un secondo di esposizione dice la qualsiasi. Mi sembra che ci sia sempre un approccio competente e ancora un po’ romantico, un sito che punta a riscoprire un mezzo che può regalare tante emozioni.

Articolo a cura di Giorgio d’Ecclesia

Admin Radiospeaker

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