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Dr. Feelgood di Virgin Radio ai microfoni di Radiospeaker!

Radiospeaker.it ha incontrato Maurizio “Dr. Feelgood” Faulisi, conduttore, ma non solo, del programma Buongiorno Dr. Feelgood, in onda dal lunedì al venerdì dalle 7 alle 10 del mattino sulle frequenze di Virgin Radio. Non solo conduttore, dicevamo, perché in oltre 30 anni di carriera radiofonica, Maurizio si è dedicato di pari passo alla sua grande passione musicale, che comprende generi quali il country e il blues, ma soprattutto il suo grande amore è sito nelle origini del rock n’ roll americano che negli anni ’40 e ’50, nasceva oltre oceano. Grazie alle centinaia di libri e alle migliaia di dischi che possiede, Maurizio Faulisi è senz’altro uno dei più grandi esperti di musica americana; oltre alla radio, come lui stesso ci ha rivelato, scrive su riviste del settore e da qualche tempo ha ripreso in mano la chitarra per portare avanti un suo progetto musicale, chiamato Dr Feelgood & the Long Journey. Andiamo quindi a conoscere meglio la voce mattutina di Virgin Radio che, ve lo assicuriamo, ha energia da vendere!

Maurizio, hai oltre 30 anni di carriera alle spalle. Qual’è la scintilla che ha fatto scoccare in te la voglia di fare radio?
Avevo 16/17 anni, e avevo il desidero di condividere le mie passioni musicali che stavano maturando perché ero all’inizio, avevo poche centinaia di dischi con la voglia però di farli ascoltare ad altri. Sono un passionale e un appassionato oltre ad essere uno che scende in profondità rispetto a tutto ciò che scopro di valido dal punto di vista culturale e musicale. È naturale per me ma credo sia una cosa che riguarda tutti i conduttori che amano il proprio mestiere al di là del fatto di stare davanti a un microfono; e sto parlando del contenuto, perché trasmettere le proprie passioni agli altri credo sia la ragione principale tra quello che ci muove.

Questa passione è sempre la stessa, cioè la prima emozione provata davanti a un microfono è la stessa ancora oggi o è cambiato qualcosa?
No è rimasto tutto uguale. Negli ultimi anni le motivazioni per cui faccio radio sono diverse perché diverso è l’approccio e il contesto in cui mi ritrovo a lavorare. In passato ho lavorato anche per radio importanti ma ho fatto 30 anni in radio locali, poi in una radio nazionale di impronta giornalistica, sociale e culturale, Rock FM per 15 anni… Quindi ho sempre lavorato in radio in cui gestivo la proposta musicale e i contenuti. Entrando in un network le cose si gestiscono in maniera differente e come tutti i network anche Virgin Radio ha un suo ufficio della programmazione pertanto la musica è stabilita dallo staff della programmazione musicale che fa delle scelte dettate dalla linea editoriale e da uno studio del proprio target.

A proposito di rock, mi viene in mente Rock FM perché ci hai lavorato tanti anni…
Ha chiuso nel 2008 e migliaia di persone si sono raccolte per questa chiusura. Business is business e il problema era soprattutto economico, o almeno queste sono state le parole del nuovo editore che aveva acquistato la radio che era Mondadori e quindi Monradio. Aveva infatti acquistato 101 e la sorellina Rock FM ed era un problema di frequenze che andavano acquistate e che imponevano una scelta: o si faceva un salto di qualità per far diventare Rock FM un network nazionale, oppure non c’erano i presupposti per farla rimanere in piedi nello stesse condizioni con le quali aveva vissuto per 18 anni. Non so quanta verità ci sia in questo ma questi sono i comunicati ufficiali. Certamente era una radio amatissima perché faceva della spontaneità la sua parola d’ordine, e la passionalità dei propri conduttori non aveva limiti e non doveva scendere a compromessi. Tutto questo gli ascoltatori lo percepivano, erano fan tra i fan, appassionati tra gli appassionati, erano una cosa unica. Questi erano gli aspetti positivi, certo ci sono anche gli aspetti negativi nel senso che la passione se non ben misurata può portare a degli eccessi.

Rimanendo in tema radio locali, secondo te è vero che è più difficile al giorno d’oggi che un giovane da una radio locale riesca a passare ad una radio nazionale?
È più difficile fare palestra poiché le radio locali hanno in questo momento grandi difficoltà. Quando iniziai a fine anni settanta c’erano maggiori possibilità perché era un mezzo nuovo per i giovani con il quale confrontarsi e c’erano tante radio locali, era facile trovare una collocazione se si era fortemente motivati, se lo si voleva fare con serietà, poi ovviamente c’erano tanti che lo facevano anche con poca serietà (ride ndr), ma comunque la passione c’era ed era diffusa un po’ ovunque; quindi una radio se eri motivato, la trovavi. Oggi è differente, radio locali ce ne sono molte meno, però ci sono le web radio, che forse non sono esattamente la stessa cosa però ce ne sono alcune che fortunatamente, almeno per sentito dire e per mia conoscenza, che hanno una struttura radiofonica tradizionale anche se poi magari non vanno in diretta e vengono registrate le trasmissioni.

Quindi l’approccio radiofonico è tradizionale come detto, ma il confronto è con il web e non con l’etere…
Certo, o hai un gran talento oppure devi necessariamente fare tanta palestra, come il tutte le cose è fondamentale e lavorare in una web radio è da tenere assolutamente in considerazione, anzi lo consiglio. C’è da dire che, immagino e spero di non dire una stupidata, i professionisti che lavorano al 100% in questo ambienti sono quelli che si sono fatti parecchie esperienze e sono pagati in una certa maniera. Pertanto immagino che nelle web radio la professionalità sia inferiore solo perché siamo in un ambito di diletto e non professionale appunto.

Ascolta qui l’audio dell’intervista a Dr. Feelgood di Virgin Radio:

Mi puoi dare una tua opinione sul livello della cultura musicale in Italia?
Perché sono stato ad un spettacolo su John Belushi con Nicola Nocella e Omar Pedrini, i quali sono rimasti stupiti nel vedere un ragazzo di 23 anni ad un simile evento. Partiamo dal fatto che John Belushi è conosciuto e amato anche dai giovani, ha avuto un successo enorme con i Blues Brothers ma non solo. E lo riscontro anche a Virgin Radio quando mandiamo appunto in onda le sue canzoni. Però è anche vero che se vai ad un concerto i cui suoni sono “tradizionali”, ovvero rock classico, blues, country scoperti negli anni ’60 e successivi, l’età media è piuttosto alta. I riferimenti di un giovane che oggi si mette a suonare la chitarra non sono quelli di Muddy Waters e John Lee Hooker ma probabilmente Red Hot Chili Peppers o cose ancora più nuove. Una volta si impugnava la chitarra e la prima cosa che cercavi di imparare era il giro blues alla base del rock. La sorpresa di Nocella e forse soprattutto di Pedrini si riferiva, credo, a questo tipo di ragionamento.

Chiudiamo con un aneddoto, qualcosa che ti è rimasto impresso…
Di storie ce ne sono tantissime, cerco comunque di continuare a viverle anche se oggi le mie personali passioni musicali che sono in primis country e blues insieme al rock, le porto avanti con canali alternativi. Scrivo infatti per riviste di rock n’ roll anni ’50 di country e blues appunto, sono tornato a suonare dopo diversi anni, conduco seminari dedicati ai fattori che hanno determinato la nascita del rock n’ roll, come per esempio il prossimo che è il 13 e 14 aprile a Firenze. Per quanto riguarda le mie esperienze in ambito radiofonico devo guardare al passato quando avevo assoluta libertà di azione di portare ospiti in studio, di nicchia e non famosi come una radio come Virgin Radio richiede. Ho quindi portato in passato ospiti di diverso tipo come musicisti ma anche nuove potenziali promesse, alcune con la coscienza che lo fossero e altre invece che lo sono diventate sorprendendomi.

Per esempio quand’ero giovanissimo e lavoravano a Radio SuperMilano, sto parlando di fine anni ’70, mi telefonò un giovano ascoltatore con il quale si instaurò una simpatica sintonia tale che dopo tre o quattro telefonate lo invitai in studio. E constatai che aveva una buona cultura musicale, era spigliato e simpatico, e dopo qualche incontro facemmo anche qualche diretta insieme. Dopo quell’esperienza ci perdemmo di vista e lo incontrai alcuni anni dopo e mi disse che stava per entrare professionalmente nel mondo musicale. Si chiama Sergio (Sergio Conforti, ndr), ed è il Rocco Tanica di Elio e le Storie Tese e lo conobbi quindi che forse non aveva neanche 16 anni, giovanissimo ma già allora grande appassionati degli Who, di rock e davvero competente oltre che simpatico e in gamba, un gran professionista.

Maurizio è arrivato il momento di ringraziarti e salutarti, ma prima una domanda secca: che fine farà la radio?
Non c’è fine, ma scherzi?! Magari si modificherà, cambierà in qualche maniera, internet inciderà ancora di più in futuro, ma la magia della radio è tale che non possiamo immaginare una fine, nel modo più assoluto mi rifiuto di immaginarlo.

Articolo a cura di Davide Porro

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