Falsi miti sulla radio: verità e leggende da sfatare sul lavoro dello speaker
Influencer, bella voce, poca musica: ecco i principali falsi miti sulla radio e cosa serve davvero per lavorare dietro al microfono.

Fare radio affascina da sempre. Il microfono acceso, la voce che raggiunge migliaia di persone, la libertà espressiva… tutto questo contribuisce a costruire attorno allo speaker radiofonico un’aura unica. Ma insieme al fascino, negli anni si sono accumulati anche tanti luoghi comuni. Alcuni innocui, altri fuorvianti. In questo articolo analizziamo i principali falsi miti sulla radio che circolano ancora oggi e che spesso creano aspettative sbagliate in chi sogna di lavorare dietro a un microfono.
1: Se sei un influencer, puoi fare radio
Avere una buona capacità comunicativa è senz’altro utile, ma non basta per fare radio. Il lavoro dello speaker richiede formazione tecnica, sensibilità editoriale e capacità di adattamento al mezzo. Parlare a un pubblico social non è la stessa cosa che costruire una scaletta radiofonica, gestire i tempi di un intervento o dialogare con un co-conduttore.
Essere influencer non significa automaticamente saper fare radio. Proprio come per qualsiasi altra professione, serve studio, esperienza e conoscenza del linguaggio radiofonico.
2: Non serve conoscere la musica
Uno degli errori più diffusi è pensare che oggi, con le playlist automatizzate e la rotazione dei successi, la conoscenza musicale sia superflua. In realtà è vero il contrario: parlare di musica richiede competenza, curiosità e aggiornamento costante. Anche se una canzone resta in programmazione per poche settimane, lo speaker deve saper raccontare l’artista, contestualizzare il brano, offrire curiosità e insight che aggiungano valore all’ascolto.
Che si tratti di pop commerciale, rap, rock o indie, la radio resta un mezzo di racconto musicale, e chi la fa deve saper parlare il linguaggio della musica.
3: In radio si lavora solo durante la diretta
Chi lavora in radio lo sa bene: la diretta è solo la punta dell’iceberg. Prima di accendere il microfono, ci sono ore di preparazione: ricerca, scrittura, selezione degli argomenti, aggiornamento sulle notizie del giorno e costruzione della scaletta.
Ma c’è di più: ogni diretta porta con sé anche la vita quotidiana dello speaker, che spesso si nutre delle proprie esperienze personali per creare contenuti autentici e coinvolgenti. E poi ci sono le attività fuori onda: social, podcast, eventi, riunioni di redazione, produzioni extra, che fanno parte integrante del mestiere.
4: Basta avere una bella voce
La voce è solo uno strumento, non l’intero mestiere. La tecnica vocale, l’espressività, il ritmo, la gestione delle pause e soprattutto la capacità di raccontare una storia sono gli elementi che fanno la differenza. Una voce piacevole può attrarre, ma è la personalità e la scrittura radiofonica a trattenere l’ascoltatore.
5: La radio è superata
Nonostante la crescita dei podcast e lo streaming on demand, la radio continua a raggiungere milioni di persone ogni giorno, restando uno dei mezzi più affidabili, immediati e coinvolgenti. È capace di evolversi, di integrarsi con il digitale e di mantenere un rapporto diretto e intimo con l’ascoltatore che pochi altri mezzi sanno offrire.
Sfatiamo i falsi miti sulla radio: formazione e consapevolezza per chi sogna di fare lo speaker
Molti di questi falsi miti sono stati raccontati anche da Alessandro Sansone, speaker di Radio 105 e docente di conduzione radiofonica a Milano per Radiospeaker.it, in un recente video pubblicato sui nostri canali social. Un contributo utile per chiarire, con il tono diretto e realistico di chi la radio la fa ogni giorno, cosa significhi davvero lavorare in questo mondo.
La radio è passione, ma anche mestiere. E per chi vuole farla davvero, partire con le idee chiare è il primo passo fondamentale.