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Intervista a Roberto Sergio, direttore di Radio Rai

Intervista a Roberto Sergio, direttore di Radio Rai

Dopo le recenti novità annunciate negli ultimi giorni sulla prossima stagione radiofonica della Rai, abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda al direttore di Radio Rai Roberto Sergio.

Abbiamo fatto con Roberto Sergio un breve resoconto del periodo di emergenza vissuto dal punto di vista di chi fa servizio pubblico per poi parlare del futuro di Radio Rai.

Ecco l’intervista al direttore del polo radiofonico della Rai.

1- La Rai ha fatto un ottimo lavoro durante il periodo di emergenza garantendo senza sosta informazione e intrattenimento e gestendo al meglio tutte le problematiche del caso; come risponde ai competitor che negli ultimi giorni parlano dei risultati e ascolti ottenuti confrontandosi alla Rai stessa?

Credo che quanto fatto da Rai in emergenza Covid, e in particolare nel periodo del lockdown, sia la testimonianza esatta di cosa voglia dire Servizio pubblico: essere pronti a rispondere in tempo zero ai bisogni di informazione e intrattenimento delle persone. Tutta la Rai ha dimostrato di essere pronta a servire il Paese. La radio, dal canto suo, ha fatto la sua parte, con una rapidità ed efficienza che rappresenteranno una case history negli anni a venire. Certamente ogni editore è libero di comunicare i propri risultati. Ma quali risultati? Di cosa si sta parlando, dato che fino a febbraio 2021 non avremo alcun dato di ascolto della radio con la modalità Ter? Ecco perché noi come Rai continuiamo a contestare il sistema di monitoraggio attuale e abbiamo rinnovato proposte chiare e precise che confidiamo vengano attuate. In caso contrario, come già detto, valuteremo di avviare una nostra ricerca parallela.

2- Come reti di servizio pubblico il genere resta molto diverso da quello di molte reti private nazionali o da quello delle radio nazionali estere (cito ad esempio la BBC); Come mai questa differenziazione così netta?

Proprio perché siamo una radio di Servizio pubblico. Rai Radio ha una mission precisa che è ben diversa dagli obiettivi di business delle reti commerciali. Ognuno ha i propri target e i propri impegni verso gli ascoltatori. Noi non competeremo mai sul terreno degli ascolti puri (quando anche fossero rilevati puntualmente) o della ricerca del consenso. Rai Radio ha il compito di informare, intrattenere, rispondere a esigenze di crescita culturale del Paese. Oggi peraltro, rispetto a pochi anni fa, l’offerta Rai Radio è molto più ampia e completa, con ben 12 canali che incrociano esigenze di ascolto diverse. Quindi in realtà il terreno di gioco (e di contatto con le commerciali) si sta espandendo molto. Cito solo Rai Radio 2 Indie, dedicata alla musica indipendente, che è posizionata su un genere in cui le radio commerciali sono presenti. La scelta evolutiva è stata di mantenere immutato il profilo delle generaliste, e di affiancarle con radio specializzate verticali che possono andare a competere su segmenti di business tipici delle commerciali.

3- C’è una radio o un network italiano o estero che le piace e al quale si ispira? E c’è uno speaker Italiano che le piacerebbe avere in una delle emittenti Rai?

Lei ha già citato la Bbc. Inutile dire che è un modello per chiunque fa comunicazione e radio in particolare. Ma allo stesso modo, la radio pubblica francese è un modello interessante, che abbiamo studiato molto in fase di avvio delle nuove offerte. In Italia, credo di essere al posto giusto nel momento giusto, nel senso che ho sempre ascoltato molto Rai Radio, anche prima di lavorarci in prima persona. In risposta alla sua ultima domanda, ho già più volte detto che vorrei riunione ai microfoni due giganti: Fiorello e Arbore. Speriamo di riuscirci…

4- Con l’eventuale distaccamento da Ter, quali risultati si aspetterebbe? Non c’è il rischio che le agenzie pubblicitarie si possano distaccare per via della diversa origine dei dati?

Chiediamo da anni una ricerca vera, non un sondaggio sulla memoria di ascolto, quale di fatto è oggi il rilevamento degli ascolti, Chiediamo il forte coinvolgimento di Upa, anche all’interno dell’assetto societario, proprio per avere gli investitori pubblicitari a garanzia del sistema. Se però Ter continuerà a non ascoltare le nostre istanze saremo costretti a trovare una soluzione alternativa. Che al momento non è quella di uscire dal Tavolo, ma di realizzare da soli una ricerca parallela basata sui meter.

5- La radiovisione delle Radio Rai arriverà in TV o è finalizzata al Web e resterà attiva esclusivamente su Rai Play? Cosa si aspetta dalla prossima stagione con i cambiamenti e le novità da poco annunciate?

Innanzitutto, ci tengo a precisare che la nostra non è “radiovisione”, come quella realizzata dagli altri. Noi continueremo a fare Radio 2, ma in modalità visual. Ciò detto, la risposta alla prima domanda è: entrambe le cose. Radio 2 in visual radio sarà su Rai Play. Che però si può vedere in tv sui televisori connessi esattamente come un canale video. E oggi come oggi i televisori connessi sono sempre di più (e aumenteranno molto in occasione del prossimo passaggio al Dvbt2). Abbiamo scelto di non essere fra i canali classici della tv (e quindi di non fare “radiovisione”) perché non ci interessa entrare in una battaglia impari. Andiamo sui mezzi nativi digitali, anche per intercettare con contenuti brevi chi non ci conosce. Ma allo stesso tempo, attraverso il mezzo digitale, arriviamo sui televisori. Con una efficienza sui costi notevole rispetto a chi – come i nostri competitor – ha investito cifre enormi per andare sui canali del dtt. Dal prossimo autunno ci aspettiamo tanto proprio dalla visual radio. E poi, puntiamo sempre molto sui canali specializzati, che crescono ogni giorno di più in termini di contenuti e qualità.

Adriano Matteo

Adriano Matteo

Tecnico del suono radiofonico, live e broadcast, giornalista iscritto all'albo pubblicisti della Puglia e grande appassionato di radio in tutte le sue sfaccettature. Leggi i miei articoli

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