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L’uomo nella Radio: il libro di Fabrizio Denunzio

E’ bene perciò che la voce, e quindi il testo affidatole, si astenga da tutti quei modi che abbiano a suscitare l’idea di una allocuzione compiaciuta, di un insegnamento impartito, di una predica, di un messaggio dall’alto. L’eguale deve parlare all’eguale, il libero cittadino a libero cittadino, il cervello opinante al cervello opinante. Il radiocollaboratore non deve presentarsi al radioascoltatore in qualità di maestro, di pedagogo e tanto meno di giudice o di profeta, ma in qualità di informatore, di gradevole interlocutore, di amico. I suoi meriti e la sua competenza specifica sono sottintesi, o per meglio dire, sono già enunciati dal nome, dalla firma”( Gadda, 1991)

La radio è un mezzo di comunicazione “intimo” e per molti può considerarsi “l’amico della porta accanto”, un buon amico che si gode la vita.

La comunicazione radiofonica presuppone: un emittente, un ricevente, un codice interpretativo, un canale (vocale e non vocale) e, di fondo, un messaggio cioè un contenuto specifico. Il linguaggio radiofonico postmoderno, quindi, non può prescindere dal flusso sociale corrente.

Il sociologo napoletano Fabrizio Denunzio, insegnante di Teoria e tecniche del linguaggio radiotelevisivo e ricercatore in Sociologia dei processi culturali all’Università degli Studi di Salerno ha affrontato il pensiero comunicativo del filosofo, critico e sociologo tedesco Walter Benjamin in vista di un attenta analisi dei linguaggi radiofonici,redigendo il saggio “L’uomo nella radio. Organizzazione e produzione della cultura in Walter Benjamin”

Lo studio “strabico” del pensiero Benjaminiano e del suo lavoro radiofonico si biforca in due prospettive: da una parte i lavori degli anni Trenta di Walter in cui risalta la “dimensione risonante” del medium, dall’altra lo sguardo si allarga in una direzione opposta, fissando la nostra attualità, poiché un analisi sui suoi lavori ha senso solo in un’ottica attenta alle trasformazioni socio-economiche presenti.

Un sentiero privilegiato e virtuoso per “imparare” ad utilizzare le risorse linguistiche radiofoniche e riflettere sui codici usati.L’uomo nella radio è stato immaginato pensando ad un uomo chiuso in un alto castello, ad un altro con la macchina da presa, e ad un altro ancora, più giovane dei primi due, che per un po’ di tempo collaborò effettivamente con una stazione radiofonica. Uomini, cioè dispositivi narrativi

Benjamin ha lavorato per la radio di Francoforte e di Berlino, è stato autore e conduttore, costruendosi negli anni idee precise sul linguaggio da sperimentare in radio. Le sue basi pre-struttura, dettate da un pregresso materialismo storico, coadiuvato da una vena utopistica, incitavano all’abolizione di ogni forma di relazionalità linguistica, ma le sue convinzioni maturano nel tempo, una volta entrato in un ordine produttivo.

Cosi Walter comprende che il ricevente cioè il radioascoltatore non può essere escluso dalla comunicazione, ma né è in realtà, il primo protagonista e, di fondo, matura anche “saggi teorici” sul suo lavoro in radio. Anche il suo ruolo di “autore come produttore” è esplicitato con l’adozione di criteri operativi specifici utili per delineare una logica sull’ascolto radiofonico.

La “cattura” del radioascoltatore deriverebbe da tre procedimenti di superficie: lavorare per generi, l’interpellazione e la fidelizzazione. E a questi elementi base se ne affiancherebbe un altro più profondo e meno riconoscibile: il “trattamento della voce”. La voce o, meglio il conduttore/comunicatore, ha in sé più di una caratteristica standard, poiché la Voce nasce come “strumento” da eseguire, da ascoltare e da rielaborare.

Nel marzo del 1933 Benjamin lascia la Germania e la radio, trasferendosi a Parigi. Cosa rimane della sua esperienza in radio? Oltre al bagaglio umano e professionale, sicuramente gli resta la scoperta di un nuovo linguaggio da cui sviluppa una sua teoria. Con il suo lavoro Walter ha compreso il ruolo chiave svolto dai radioascoltatori, gli “stimati invisibili” e si avvale per le sue tesi anche della Teoria verbomotoria del gesuita Marcel Jousse in cui si rivaluta il “suono vocale” come prolungamento di un espressione corporea.

Da qui si delinea anche una scissione tra oralità primaria e secondaria in cui si denota il ruolo della Voce in relazione all’ascolto. Per Benjamin i radioascoltatori risulterebbero una “classe da formare” con un buon processo comunicativo.

Il grande scrittore italiano Carlo Emilio Gadda, famoso per le sue strategie comunicative radiofoniche in cui si sottolinea la soggettività dell’ascoltatore, risulta primario nello studio dell’autore Benjamin sia dal punto di vista cognitivo, quanto etico, in quanto la visione gaddiana è essenzialmente “costruttivistica”.

Tra le sue opere risaltano “ Le Norme per la redazione di un testo radiofonico” redatte nel luglio del 1953 per il terzo programma della Radio italiana in cui si evidenzia la necessità che l’ascoltatore possa fruire di un servizio serio e di facile accesso.

Attraverso l’analisi semplice di professionisti come Gadda, riscontriamo il pessimismo sullo stato del medium di Benjamin che cerca di lavorare sulla capacità riflessiva del radioascoltatore, cambiandolo con un intervento di politica-culturale, ma in questi studi c’è un rischio. “Il conduttore radiofonico deve fare interagire il microfono con la materia prima della voce, lo deve fare lavorare con la dizione e con la lingua dei parlanti. E’ con questo dispositivo che il radioascoltatore entra in contatto ed è solo del suo funzionamento che tiene conto. Ora, se l’operatore radiofonico che agisce in tale dispositivo diviene rispettoso delle sue risorse tecnico-formali riesce a partecipare al lavoro di emancipazione dell’ascoltatore dalla condizione barbarica in cui il tempo lo ha relegato.”

Il rischio di ogni bravo comunicatore radio si relaziona al grado di impatto emozionale che suscita nei fruitori. Per questo il linguaggio radiofonico deve essere scevro di qualsiasi forma di manipolazione. In questo modo è possibile superare alcune convinzioni e stereotipi, usati volgarmente dalla società, e procedere radiofonicamente in modo sano, equilibrato e corretto, rispettoso del medium e degli stessi radioascoltatori.

 

Articolo a cura di Nicoletta Zampano

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