HomeMagazineLibri sulla Radio“Whatsappare” o “di brutto”: il nuovo linguaggio usato in Radio

“Whatsappare” o “di brutto”: il nuovo linguaggio usato in Radio

Enrica Atzori, linguista ed esperta di massmedia, è autrice del libro La lingua della radio in onda e in rete edito da Franco Cesati Editore.

La sua è una lunga e dettagliata analisi dei programmi radiofonici più ascoltati d’Italia, con un occhio particolarmente attento alla lingua utilizzata, alle parole pronunciate dagli speaker. Un viaggio tra le voci dell’etere insomma, che ha portato alla scoperta di una lingua radiofonica sempre più simile al parlato, con espressioni come “whatsappare”, “pochino”, “di brutto”, “a palla”.

«Sentivo l’esigenza di indagare la colonna sonora delle giornate di milioni di persone, in un periodo storico in cui la radio sta vivendo una sorta di rivoluzione grazie ai social. Sta cambiando la fruizione del mezzo, ma sta cambiando l’interazione tra ascoltatori e conduttori. E questo influisce in maniera significativa nel linguaggio» ha spiegato Enrica Atzori a La Stampa.

Nell’universo delle emittenti private nazionali, delle emittenti locali private e delle reti pubbliche principali, la differenza più netta è quella tra il parlato istituzionale da un lato, tipico dei giornali radio, dei programmi culturali-informativi, dei reportage e dei documentari, e quello informale dei programmi di intrattenimento.

La prima tipologia di parlato è seria, controllata, con costruzioni sintattiche più rigide e un’attenzione particolare alle forme lessicali; si preferiscono frasi brevi ed è un parlato poco improvvisato, che somiglia più all’italiano scritto.

La seconda tipologia ha una sintassi basica, formule tipiche del parlato colloquiale con termini che vengono dai tormentoni del web e dal mondo dei media, come “twittare”, “whatsappino”, “youtubbare”.

La parolaccia è in alcuni casi una cifra stilistica, più o meno apprezzata certo, ma comunque ampiamente sdoganata: basti pensare a programmi come lo Zoo di 105, La zanzara o Tutto esaurito. Secondo l’analisi di Enrica Atzori , nel programma di Marco Mazzoli e compagni ci sono in media tre parolacce al minuto!

“Smartphone, tablet e app hanno trasformato gli ascoltatori in ascoltatori connessi, che scrivono, commentano e condividono utilizzando lo stesso stile del programma. In fondo la radio, con le telefonate in diretta inaugurate nel 1969 con Chiamate Roma 3131, è il primo social network del 900», scrive Enrica Atzori dal suggerimento della collega Marta Perrotta.

Scopri il libro di Enrica Atzori qui: “La lingua della Radio in onda e in Rete”

Articolo a cura di Giusy Dente

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