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Effetto post Festival sulle Radio

Ogni anno, a febbraio, le Radio italiane sono costrette a vivere una fase di stallo, ad aspettare il Festival, per capire quale dovrà essere il destino delle loro playlist future, come un cane che aspetta la pappa dal proprio padrone.

Le case discografiche (perché ormai gli artisti non contano quasi più nulla, tranne i grandi nomi o gli indipendenti) decidono di far spremere all’osso i singoli e gli album italiani dei mesi precedenti, per poi arrivare a Sanremo pronte con raccolte, best of… e roba simile per quasi tutti i nomi in gara.

Quelli che non rientrano in questa categoria sono sempre cantanti, o band, che mancano nell’etere da qualche anno o che hanno bisogno di rilanciare la loro carriera dopo un periodo non proprio esaltante. Quest’anno i brani in gara a Sanremo sono stati venti nella categoria dei big, sei in più rispetto al solito, e otto nella categoria dei giovani, quindi la scelta è ricaduta e sta ricadendo su una quantità musicale maggiore da proporre.

Calcoliamo i brani che hanno avuto maggior successo in radio dal 2010 a oggi e che, ancora oggi, capita di ascoltare.

L’edizione 2010, presentata da Antonella Clerici (colei che ha creato il fenomeno mondiale de Il Volo) ha sfornato pochi singoli come Credimi ancora di Mengoni, L’uomo che amava le donne di Nina Zilli, Ricomincio da qui di Malika Ayane.
Poca roba, così come nel 2011 (la prima delle due edizioni targate Gianni Morandi), di cui ricordiamo solo Arriverà dei Modà feat Emma Marrone e Follia d’amore di Raphael Gualazzi.

Tutt’altra storia il 2012, da cui le radio hanno attinto con cinque brani, in pratica il doppio delle due edizioni precedenti, ma sempre poco per ravvivare un’ipotetica Top40 (Non è l’inferno di Emma, La notte di Arisa, Sono solo parole di Noemi, Ci vediamo a casa di Dolcenera, La tua bellezza di Renga).

Le due edizioni gestite da Fabio Fazio, 2013 e 2014, hanno prodotto canzoni molto interessanti, anche se la quantità si attesta sempre sui 5/6 titoli per il primo anno, mentre, invece, è stata un’ecatombe radiofonica la scorsa edizione.
Del 2013 sono L’essenziale di Marco Mengoni, E se poi di Malika Ayane, Sotto casa di Max Gazzè, La felicità di Simona Molinari feat Peter Cincotti, Mi servirebbe sapere di Antonio Maggio, Il postino di Renzo Rubino. Del 2014, cioè di soli 365 giorni fa, gli unici due brani che ancora oggi capita di ascoltare sono Bagnati dal sole di Noemi e Nu juorno buono di Rocco Hunt.
Quest’anno, da una prima scrematura, i brani che sembrerebbero potere resistere nel tempo in FM sono Fatti avanti amore di Nek, Adesso e qui della solita Malika Ayane, Siamo uguali di Lorenzo Fragola, Una finestra tra le stelle di Annalisa, Buona fortuna amore di Nesli e Straordinario di Chiara.

Come possiamo facilmente capire, l’attesa delle Radio, ogni anno, non è ripagata con un numero di brani utili a ravvivare quelle famose e blindatissime playlist, colonizzate da brani di matrice anglo-americana.

A questo punto, la domanda sorge spontanea: perché non pubblicare prima i singoli, sulla falsa riga dei grandi festival internazionali, e lasciare che sia il mercato, radiofonico e non, a scegliere i partecipanti di ogni edizione? In questo modo, il Festival acquisirebbe senza dubbio valore, il pubblico sarebbe maggiormente invogliato a guardarlo e, principalmente, le Radio potrebbero ravvivare le loro playlist senza dovere attendere quasi obbligatoriamente una manifestazione che, a conti fatti, non fa altro che ridurre l’offerta musicale italiana al posto di aumentarla.

A Carlo Conti (o chi per lui) l’ardua sentenza.

Articolo a cura di Alvise Salerno

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