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RDS, Paolo Piva: In radio non bisogna smettere di migliorarsi

RDS, Paolo Piva: In radio non bisogna smettere di migliorarsi

La sua voce richiama subito alla mente palinsesti radiofonici da “stazione fissa e non si cambia”.

Lui è Paolo Piva, speaker radiofonico di RDS accanto a Melania Agrimano dalle 22 all’1. E, a giudicare dalla nostra intervista, quella per la radio non è la che la prima delle sue grandi passioni.

Facciamo che tu sia un personaggio sconosciuto al pubblico e che dovresti raccontare chi sei. Da dove cominceresti?

Racconterei le mie passioni, mi piace condividere quello che mi piace. La passione per la musica e per la radio, prima di tutto. Ma anche per molte altre cose, come ad esempio le macchine da corsa, la mia famiglia e in particolare il mio bambino di 2 anni e 8 mesi. Mi racconterei come una persona passionale, testarda, puntigliosa e con sempre tanta voglia di fare, di migliorare, di crescere in qualsiasi cosa, non solo nel lavoro. E con tanta voglia di comunicare. Sono anche un po’ egocentrico, che è una caratteristica comune per quelli che lavorano nel mondo dello spettacolo, che sia la radio o la televisione.

Dal primo disco dei Duran Duran (anche se i tuoi genitori ascoltavano i Beatles), sei passato a fare il DJ nelle serate venete degli anni Novanta. Il primo ricordo che ti viene in mente.

Urka. Ricordo un locale che non esiste più in provincia di Padova, dove ho iniziato a mettere i dischi. Ricordo in particolare di aver messo su una canzone degli U2 in un vinile rosso. Erano gli anni d’oro delle discoteche, quando esistevano tanti locali e club e c’era una grande ricerca di musica. La musica live andava forte, l’elettronica stava muovendo i primi passi ma c’era ancora un legame forte con gli anni Settanta riguardo alla House music.

La tua carriera come speaker radiofonico inizia a Radio Montecarlo e poi, nel 2004, l’approdo a RDS. Cosa ti piace di più e cosa di meno di questo mestiere?

Prima ancora di Radio Montecarlo, ho fatto molta radio locale.  Quello che mi piace di più è poter esprimere quello che sento, che voglio dire e poterlo fare con tantissima gente. Perché parlare con due persone talvolta è più complicato, ma comunicare con tante persone che ti danno anche retta è davvero fantastico. E, poi, quello che mi piace è anche mettere i miei dischi preferiti, qualche volta. Di negativo… sai che non lo so? Forse l’unica cosa che può essere negativa è che non si smette mai. Non ci sono vacanze, feste perché la radio non si spegne mai e con lei il nostro lavoro. Ma giusto perché devo trovare un aspetto “non bello”…

Metti che hai un giorno libero e, sì ci siamo documentati, una Ferrari tutta per te. Dove andresti ad ascoltare musica?

Girerei con la Ferrari e la radio al massimo, facendo una selezione di canzoni che mi piacciono. Andrei all’autodromo di Monza dove tra l’altro ho corso, vincendo anche un Monza Rally Show come navigatore nella categoria per la quale gareggiavo, realizzando così un mio sogno.

Oggi, per diventare speaker radiofonico, ci sono anche i talent che guidano verso questa professione. Ma quali sono davvero, secondo te, le caratteristiche adatte per fare questo mestiere e quale consiglio daresti a un giovane che vorrebbe intraprendere questa strada?

Non sono mai stato bravo a dare consigli, quello che penso però è che bisogna avere tanta passione per quello che si fa e dare il massimo sempre. Facendo magari meno attenzione ad alcuni dettagli tecnici, per quanto siano importanti, mi riferisco ad esempio alla dizione o il modo corretto di parlare anche se sono cose fondamentali. Però mettendoci sempre tanto impegno senza avere come unica ambizione quella di diventare famosi o di avere visibilità, che è un po’ ciò che contraddistingue questi ultimi anni tramite i social. Per me la notorietà è sempre stata l’ultima cosa, importante sì ma l’ultima. La cosa fondamentale è cercare di imparare a fare questo lavoro, magari da chi lo fa da tanti anni o da chi ti piace da ragazzo giovane che ascolta la radio e, poi, metterci del proprio. Ma sempre con la voglia di fare di più, di migliorarsi per te e per chi ti ascolta. A prescindere da quelli che sono i numeri. Io sono a favore dei talent, ma dipende da come si vivono e da come vengono cresciuti i ragazzi che vi partecipano. Se si fa credere loro che il talent sia l’unico pass per il futuro, è tutto sbagliato perché senza la voglia di mettersi in gioco non si potrebbe affrontare il mondo della radio. Il talent deve essere vissuto come una vetrina da cui partire, un vantaggio per coltivare un talento che in passato non si aveva.

Intervista a cura di Valentina Chisari

Valentina Carmen Chisari

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