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Radiospeaker.it incontra Roberto Uggeri di RTL 102.5

Radiospeaker.it incontra una delle voci ormai consolidate da tempo nel palinsesto di RTL 102.5. Sulle frequenze della prima radiovisione italiana, lui è in onda con Francesca Cheyenne nel quotidiano “drive time” dal titolo “Protagonisti”, in onda dal lunedì al venerdì dalle 19 alle 21. Emozioni e resoconto della giornata appena trascorsa anche in sua compagnia, quella di Roberto Uggeri che ci ha gentilmente concesso questa interessante intervista.

Immediatezza ed efficacia, queste le caratteristiche che si evincono dalle risposte di Uggeri in merito anche al sacrificio e alla determinazione, elementi indispensabili per un percorso  lavorativo come quello riguardante la conduzione radiofonica. E poi, la “magia” del mezzo, che traspare dalle sue parole e dai tanti significati che egli stesso attribuisce, i quali rendono il legame tra lui e la radio maggiormente indissolubile.

Inoltre, da parte sua un’analisi generale sull’aspetto contenutistico dei format radiofonici, dove viene evidenziata  la varietà, sia della musica proposta che delle argomentazioni espresse in onda, il tutto in relazione alla tipologia di emittente.

Nel corso dell’intervista anche un incoraggiamento importante ed utile nei confronti dei tanti giovani desiderosi di trasmettere in importanti network radiofonici. A tal proposito, curioso è il paragone che Roberto ci propone. Quale? Scopritelo nella nostra intervista!

1) Un grande amore per la radio che dura ormai da anni, ma cosa significa per te condurre in un’emittente radiofonica?
Significa aver realizzato il desiderio, nato un po’ per caso, 31 anni fa. Significa sapere di essere un privilegiato proprio per questo motivo. Significa fare di tutto per meritarmi questo privilegio, impegnandomi ogni giorno al massimo delle mie capacità, dando continuità e affidabilità.

Significa sapere che chi ogni giorno apre il microfono e parla a tante persone, deve essere, se non proprio di esempio, almeno responsabile, specialmente verso gli ascoltatori più giovani e, dunque, più facilmente condizionabili. Significa cercare di far uscire carattere e personalità.

2) Nel corso del tuo iter artistico, c’è stato un episodio particolare che ti ha in qualche modo demotivato nel continuare a fare radio?
Come in tutte le esperienze della vita è normale che ci siano momenti più o meno positivi. Ma mai, in seguito ad alcun episodio o per colpa di qualcuno, ho pensato anche per un solo istante di smettere. Mi piace usare spesso la metafora calcistica per parlare di radio. Ebbene, io mi sento un mediano. Cosa fa un buon mediano? Corre anche al novantesimo in svantaggio tre a zero. Se intendi così la vita e il lavoro, non puoi che perseguire con pervicacia gli obiettivi che ti sei posto. Diciamo che quando le cose dovessero andare male, almeno “esci dal campo” sereno con la convinzione di aver dato tutto.

3) Tra i tanti format radiofonici, da te condotti, qual è quello a cui sei maggiormente legato e che magari condurresti di nuovo?
L’ultimo che sto conducendo su RTL 102.5 Cool (una delle webradio del Gruppo RTL 102.5 che si può ascoltare anche in DAB). Il programma si intitola “Cat Club” e va in onda ogni sabato dalle 18 alle 19. Propongo jazz. Ospito musicisti, giornalisti e musicologi di settore, chiacchierando tra un brano e l’altro e parlando dell’idioma musicale afroamericano. Una volta al mese diventiamo la versione radio di Musica Jazz, il mensile di genere più antico e prestigioso d’Italia, presentandone il numero in edicola.

Amo fare tutti i programmi nei quali ci sia un ospite e si parli di musica. Cosa se vuoi banale, ma, sempre per la metafora di cui sopra, il mio motto è, nella vita come in radio: “gioca facile”. Sono convinto che il campione non sia quello che fa la giocata formidabile, ma colui che non mette mai in difficoltà i compagni con un passaggio.

4) A proposito dei programmi radiofonici, pensi che oggi, nell’etere nazionale, vi sia una scarsa creatività nell’ideazione di contenuti innovativi?
In Italia abbiamo radio con format pop, hit, ma anche tematici rock, classic/oldies, dance, jazz e musica classica, talk news, sport, canali che si occupano di politica e persino a sfondo religioso. C’è spazio per i programmi comici o di satira, dissacranti, caustici, irriverenti o accomodanti, così come per quelli di approfondimento e per dare voce al pubblico. Sento parlare veramente di ogni argomento e mi imbatto in qualsiasi genere, dal folk al punk. Credo che in radio, così come in TV, sia stato fatto tutto e il contrario di tutto. Si può solo cercare di fare meglio quel che in passato è già stato prodotto. Sono un ascoltatore onnivoro, mi piace passare sovente da un canale all’altro. Lo faccio per curiosità e passione.  Mi pare, in tutta onestà, di poter dire che, per fortuna, la scelta nel nostro Paese non manchi. Credo inoltre che con la crescita delle webradio e l’avvento, mi auguro, del DAB (così come accade nel resto d’Europa), l’offerta sarà sempre più variegata e capace di soddisfare ogni gusto.

5) Per quanto riguarda invece l’aspetto della conduzione,  credi che attualmente i grandi network siano un po’ diffidenti nel reclutamento di giovani “voci”?
Mi piace lavorare con i giovani. Trovo giusto trasferire a loro quel che ho imparato a mia volta. Dai ragazzi si ricevono sempre in cambio energia e freschezza, entusiasmo e creatività.  Tornando alla metafora calcistica giro la domanda: “quanti ogni anno cominciano a giocare nelle giovanili e quanti arrivano un Serie A?”. I pretendenti sono migliaia. Le squadre poche.

In più nel calcio la vita professionale di un atleta dura fino ai 30/35 anni. Dunque è naturale ci sia un ricambio generazionale continuo.Un conduttore radiofonico, se salute, lucidità e voce lo sostengono, può tranquillamente proseguire sino all’età pensionabile. Dunque è evidente come le occasioni per entrare si riducano.

Altra considerazione, proprio come in una squadra di calcio è fondamentale il giusto equilibrio tra esperienza e impeto giovanile.  Le nuove leve hanno bisogno di essere guidate. Vanno seguite e fatte crescere poco alla volta per non bruciarle: un conto è saper “andare in campo in uno stadio di provincia e un altro reggere il peso del pubblico numeroso ed esigente di San Siro”. Alcune “maglie sono più pesanti di altre”, non tutti sono maturi per saperle portare.

Ciò premesso, per fortuna, diversi giovani si affacciano sul mercato radiofonico nazionale. Da noi, ad esempio, mi vengono subito in mente i ragazzi del Trio, poco più che ventenni, oppure Laura Ghislandi che ormai è una “veterana” tra i giovani “cresciuta in casa” e questo fa ancora maggiormente piacere. Assicuro che molti altri ne stiamo tenendo d’occhio, così come fanno un po’ tutti i network, sarebbe miope il contrario. Poi capisco che chi sta fuori, sente di avere le qualità e il talento, anche più di chi “gioca”, scalpiti e non la prenda bene. Sarebbe preoccupante il contrario.

Comprendo, per esperienza personale, quanto sia amaro ricevere “no” e porte in faccia; ma a tutti i ragazzi che si avvicinano oggi, con speranza e passione alla Radio, consiglio di perseverare e di coltivare il sogno. Io stesso sono entrato (in quella che allora era la sede locale di RTL 102.5 ovvero RTL Milano) in un’emittente nazionale quando ormai non me l’aspettavo più, a 34 anni, e prima di passare al microfono del network ne sono trascorsi altri quattro di sana gavetta interna. Se ci sono riuscito io, senza agganci, sotterfugi, parentele, amicizie politiche e conoscenze varie (questa è la cosa di cui vado maggiormente fiero), può davvero concretizzarsi il sogno di chiunque abbia talento, determinazione e un pizzico di indispensabile fortuna.

6) Per te, meglio una bella voce o una conduzione ricca di personalità?
Come dicevano i latini: “in medio stat virtus”. Occorrono entrambe le cose.  Personalmente sono poi convinto che non esistano “belle” o “brutte” voci, ma solo modi per usarle più o meno bene.  È però innegabile che un minimo di timbro gradevole e radiofonico sia indispensabile. Un po’ come la telegenia o fotogenia per un attore. Ma la radio è fondamentalmente comunicazione e quest’ultima funziona nel momento in cui chi parla si fa capire da chi ascolta. Tutto lì.  Sembra facile a dirsi, meno a farsi. Significa, al netto di ogni considerazione, sapersi far ascoltare, cioè mantenere alta l’attenzione di chi sta dall’altra parte. E per fare tutto questo una bella voce, di sicuro, non basta. Magari aiuta, non c’è dubbio, ma occorre innanzitutto personalità.In terza battuta, è necessario quel che nel jazz chiamano “swing”! Componente da non sottovalutare, perché è quella parte che dà il ritmo e connota l’incedere di un conduttore.

Louis Armstrong diceva: “Amico, se devi chiedere cos’è lo swing? Non lo saprai mai!”. Ma è ciò che fa la differenza tra chi suona un modo meccanico e chi sembra voli sulle note. Insomma è quella caratteristica che, già dopo 30″ di ascolto, ti fa dire: “Ok, questo c’è!”, “Potrebbe esserci” oppure “Non ci sarà mai…”.

Chi nasce con queste o alcune di queste qualità le avrà per sempre. Poi, ovviamente, serviranno lavoro e studio per coltivarle, affinarle e conservarle. Se non le hai, difficilmente le potrai avere un giorno, pur con mille sacrifici e anni di studio. La buona notizia è che il mercato dimostra e ha dimostrato che si può svolgere lo stesso, onestamente, la professione anche in quest’ultimo caso.

Per quanto possa valere, il mio consiglio a chi si avvicina al mondo radiofonico è quello di “ascoltare – imparare – ripetere” ciò che si sente da chi si considera un modello di riferimento. La stessa cosa che facevano e fanno proprio i jazzisti per affinare la tecnica. Questo prevede però due condizioni fondamentali: avere orecchio e, prima ancora, saper suonare.

7) Cosa ne pensi di Radiospeaker.it?
Mi sembra una lodevole iniziativa. È un sito che consulto spesso, per gli stessi motivi, già detti sopra, di quando ascolto radio: curiosità e passione. Apprezzo lo stile essenziale, scevro da polemiche sterili che lasciano invece spazio al confronto costruttivo, all’informazione di settore e alle analisi lucide e mirate. Trovo interessante il Vostro progetto perché si pone come strumento formativo per le nuove leve e punto di riferimento per gli operatori del settore. Consideratemi, con piacere, a Vostra disposizione per gli incontri con i più giovani interessati al complesso e, proprio per questo, entusiasmante mondo della Radio!

Articolo a cura di Maurizio Schettino

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