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Sanremo 2013 Story: Vic – Radio Deejay

Ti svegli una mattina e ti rendi conto che è cominciato il Festival di Sanremo. Certo, direte voi, succede sempre per 3 o 4 giorni all’anno e anzi, in quei giorni non ne vuoi proprio sentir parlare. Ti svegli una mattina e ti dici che sarebbe bello visitare la città durante i giorni del Festival, capire che aria si respira e magari incontrare qualche personaggio che hai visto solo sugli schermi tv.

La stessa mattina ti armi di pazienza e cerchi una camera libera, una qualsiasi. Impossibile, ti dici, prenotare il giorno prima di partire proprio il giorno della finale. E invece una camera c’è. Poi guardando in Internet ti rendi conto che tutta la comunicazione italiana (radio, tv, stampa, web) si concentra in riviera quei giorni e allora l’obiettivo diventa un altro, vuoi capire come vivono le radio l’evento e cosa significa per loro l’appuntamento con il Festival.

Armato solo di un telefonino, senza pass, senza inviti e senza permessi inizio a correre su e giù per le vie della città cercando di incontrare quanti più personaggi possibili. Questo è il risultato di questa giornata indimenticabile, perché per un appassionato di musica come me Sanremo rimane un evento imperdibile.

E dalle risposte date dai personaggi che ho incontrato, vi renderete conto di come, inaspettatamente, lo sia anche per le radio italiane. Ringraziamo Vic e Radio Deejay, Alessandro Greco e RTL, Mary Cacciola e Andrea Lucatello di Radio Capital, Fiorella Felisatti e Radio Italia e tutte le radio che dovevo incontrare, ma che non ho fatto in tempo a raggiungere per i minuti che mi hanno concesso, visto che sembravo tutto tranne che un professionista, quindi non avevo il “diritto” di chiedere loro un’intervista.

Per fortuna in radio ci sono ancora grandi persone e grandi professionisti che comunque si mettono in gioco e si prestano a dire la loro. Io ho portato solo la mia passione e quella che accomuna tutti noi iscritti su Radiospeaker.it, ho cercato di saperne di più e di capire qualcosa di più da loro, ho chiesto consigli e suggerimenti. Secondo me hanno dato tutti risposte molto interessanti, vi consiglio di non perderle.

VIC – RADIO DEEJAY

A proposito di questa trasferta radiofonica, cosa si prova a parlare lontano dagli studi della propria radio e come si vive il contatto vero con gli ascoltatori, che in questo caso credo sia molto diverso anche da quello che si prova camminando per le vie della propria città?
Partiamo dal presupposto che Milano è da sempre la città più calorosa d’Italia (ride..), per cui quando ci spostiamo in città o regioni diverse e ad esempio come in questo caso raggiungiamo il centro nevralgico della musica per questi giorni, vediamo gente che arriva da ogni parte d’Italia e c’è davvero grandissimo calore. Per noi è una gita ed è stato molto divertente, poi per le trasferte puoi scegliere se portare il tuo truck ma qui non era possibile (la Rai occupava tutti i “posti” disponibili n.d.r.) e quindi alla fine siamo andati dagli amici di Radio Stereo 103 che tra l’altro già lo scorso anno avevano ospitato Platinette, in uno studio piccino ma è andata bene.

GUARDA L’INTERVISTA A VIC DI RADIO DEEJAY

Ma quindi, questa “leggenda” che la trasferta infastidisca lo speaker non è vera, non è così…
No no, io mi diverto da morire. Noi facciamo una trasferta comandata quasi ogni estate a Riccione, che per noi ormai è quasi una casa vacanze, ma c’è sempre quel sapore della trasferta, di trasmettere praticamente in ciabatte. Tra l’altro mi ricordo che il primo anno eravamo di fianco all’Acquafan e quando c’era il notiziario e quello che oggi è il Deejay Story, quindi avevo una pausa un po’ più lunga e 4 o 5 minuti prima dell’intervento, facevo il kamikaze, mi asciugavo e tornavo in trasmissione. Qui ovviamente non si può fare, ma oggi ci sono 14 gradi e si sta comunque da Dio.

Domanda un po’ più tecnica sul Festival: sai che c’è un po’ la “polemica” che le canzoni che escono da Sanremo non trovano riscontro nelle radio, che spesso la canzone vincitrice non viene trasmessa e che comunque pochi dei brani presentati vengono programmati. Tu cosa ne pensi a riguardo?
Beh, ovviamente dipende dalla radio. Io posso parlare per Deejay, che è sempre stata abbastanza attenta alla selezione delle canzoni italiane, nel senso che non siamo Radio Italia che le può passare tutte, quindi devono esserci dei brani particolarmente adeguati nel suono alla radio oppure quegli artisti che dopo tanti anni sappiamo che producono musica nel nostro modo di intendere la musica italiana. Quest’anno però c’è Elio, Mengoni, Chiara che abbiamo suonato tanto e credo che rispetto ad altri Festival un po’ più “classic”, questo abbia tolto un po’ di polvere e quindi diventa un po’ più facile anche per Deejay suonare questi pezzi.

Rimanendo sulla musica italiana, si sa che Deejay è orientata a programmare molti brani internazionali, anche l’idea del “Personal Deejay” ne è un esempio, quindi secondo te a che punto è la musica italiana, anche rispetto agli artisti degli altri paesi?
Ovviamente noi ci confrontiamo con gli americani e loro giocano da fuoriclasse irraggiungibili nell’hip-hop, r’n’b, nel rock stesso mentre per l’Europa c’è l’Inghilterra, e secondo me gli inglesi sono i più bravi al mondo a fare musica, quindi è molto difficile. Ciò nonostante secondo me ultimamente ci sono delle cose buone in Italia, è sempre più difficile ed è quasi paradossale, visto che si vende poca musica, i discografici non investono più e trovare il modo di fare una canzone è pressoché impossibile. Quindi, sommando tutte queste cose, il fatto che riescano ad uscire dei prodotti validi è una figata, è quasi strano che accada, siamo messi bene.

Infine una domanda finalmente radiofonica: sul nostro sito sono iscritti tanti speaker emergenti, tanti giovani talenti, sai bene che il mercato radiofonico in Italia è molto chiuso, ci sono tanti che sognano, tanti che ce la vogliono fare. Cosa ti senti di dire a tutti loro?
Mi verrebbe da dire di tenere botta. So che è molto complicato, come per tutte le cose. Facendo un parallelismo calcistico, è come se ti allenassi con la Pro Sesto, una piccola squadra vicino Milano, con l’ambizione di arrivare a giocare nel Milan, nell’Inter o nella Juventus. Quindi è dura, è molto molto dura. Secondo me ci vuole una buona quantità di bravura innata, tantissima palestra e quindi allenarsi tanto, anche se oggi è più difficile perché le radio locali sono sempre meno, poi ci sono le web radio, che comunque vanno benissimo, l’importante è fare palestra. È fare la radio quello che conta, dove è relativo. Fino ad arrivare alla speranza di un network e lì ci vuole quel pizzico di culo che non guasta mai, ma in tutti i lavori di tutto il mondo alla fine è così. Quindi bisogna tenere botta, bisogna ascoltare tanta radio, scegliendo quelli che ti piacciono di più non tanto per copiarli quanto per capire dov’è quell’abc radiofonico, se mai ci fosse un segreto. Anche se in realtà oggi il meccanismo è quello di andare in onda pensando di parlare ai propri amici, divertirsi e lasciarsi andare, alla fine il meccanismo del Deejay vecchio stile ormai non c’è più da almeno dieci anni.

Intervista a cura di Nicola Zaltieri

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