HomeMagazineCuriosità RadiofonicheRecitare in Radio è davvero necessario?

Recitare in Radio è davvero necessario?

“L’attore non recita le parole ma i sentimenti, che la parte è fatta non di parole ma del sottofondo affettivo: è quella la parte nascosta da scoprire dell’attore” (Kostantin Sergeevič Stanislavskij).

Sono tanti gli attori o aspiranti tali che hanno iniziato la loro carriera in radio, ma un bravo speaker in onda deve saper fingere o è meglio essere se stessi? Personalmente credo che non paghi sempre “recitare” davanti ad un microfono, pur riconoscendo che ogni parola detta deve pur sempre essere ragionata per non deludere le aspettative di chi segue la diretta.

Eppure ci sono programmi di successo dove il ruolo chiave viene giocato proprio da attori professionisti, come nel caso di Lillo & Greg di 610- Sei Uno Zero su Radio2. Lillo e Greg, nomi d’arte dei romani Pasquale Petrolo e Claudio Gregori, attori, cantanti e autori umoristici di successo, sono veri “miracoli” nel panorama nazionale, il loro programma riuscitissimo è preparato fin nei minimi particolari con maestria e originalità.

Dai fumetti alla radio, un passo breve per talenti come loro, unici nelle loro caratterizzazioni di genere, ma riflettendo sulla loro “capacità artistica” ci si può interrogare su cosa voglia dire essere uno speaker oggi. Al di là dello standard seguito dalla maggior parte dei conduttori nostrani, per altro simpaticamente “veri” nella loro espressività familiare, standard insegnato egregiamente nei corsi di conduzione radiofonica di Radiospeaker.it, ogni speaker che si rispetti può giocare le sue carte come vuole e se capace anche “recitare” un ruolo specifico, per quanto voglia rispettare la sua personalità.

Tuttavia non è da tutti riuscire a costruirsi un “personaggio tipo”, quindi, cosa rende uno speaker speciale ed unico, ben “distinto” dagli altri? Sicuramente tutti, anche chi è solo aspirante, terrà conto in primo luogo della genuina personalità , semplicità e soprattutto simpatia di un conduttore radio. Doti basilari che rendono riconoscibile la voce di chi conduce, ma di fondo ciò che rende davvero “unico” non è solo la particolare aurea o positività di ciascuno, quanto il suo estro, la sua capacità di rendere “arte” ciò che presenta on air, la sua “creativa” capacità di comunicare. Quando si “studia” il programma tipo da presentare in radio è proprio la “geniale trovata” creativa che rompe gli schemi tradizionali a far “vincere” il conduttore.

Ognuno poi avrà un suo stile, ma alla fine dei conti fingere radiofonicamente non è fondamentale, anzi in alcuni casi non serve affatto, semmai occorre una buona dose di improvvisazione per superare ogni possibile imprevisto in diretta. E, voi, cari lettori, cosa ne pensate dell’arte di condurre? E’ meglio sapersi creare un personaggio o essere semplicemente se stessi?

Articolo a cura di Nicoletta Zampano

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