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Jamming: la tecnica per disturbare la voce della radio

Da sempre amo e ascolto la radio per quel senso di spensieratezza e serenità che riesce a trasmettermi, ma a volte apprezzo questo mezzo di comunicazione perché non solo è portatore di cultura, ma è anche strumento di racconto e di analisi di fatti di attualità che spesso lo riguardano.

Questa settimana, dall’ascolto di Radio3 Mondo, sono venuto a conoscenza di una storia legata all’Etiopia, Paese dove ancora oggi si utilizzano delle tecniche per “disturbare” le trasmissioni radiofoniche. Ve lo sareste mai immaginato nel 2018? Io no, eppure è proprio così!

Il termine per indicare l’azione di censura utilizzata per rendere impossibile l’ascolto di un programma radiofonico si chiama “jamming” e questa tecnica è stata spesso usata durante il periodo della Guerra Fredda e del grande conflitto tra il blocco sovietico e quello americano. Sono passati molti anni da allora, ma questo espediente è ancora oggi usato in un Paese del continente africano come l’Etiopia, dove grazie al rapporto di Human Right Watch è stato possibile scoprire che strumenti di sorveglianza e controllo vengono impiegati dal governo per disturbare in ogni modo il lavoro dei media indipendenti.

Tra i più importanti bersagli di questa “azione di disturbo” ci sono sia stazioni radio di esuli etiopi che trasmettono dall’estero come ESAT Radio (trasmette dall’Olanda), che grandi emittenti straniere tra cui la tedesca Deutsche Welle o Voice of America. In generale si può osservare come chi è al governo del Paese voglia utilizzare la tecnologia per controllare o monitorare l’opposizione politica usando come strumento il “jamming”.

Naturalmente lo scopo di queste azioni è quello, da parte dei politici al potere, di zittire e censurare tutte le informazioni che giungono e vengono diffuse da uno dei mezzi di comunicazione tra i più democratici e ascoltati in tutto il mondo. Ed è strano vedere come, nel corso dei decenni, qualcuno abbia sempre cercato un modo per non dare voce alla radio, consapevole dell’estrema potenza che questo strumento mostra ancora ai giorni nostri e soprattutto in Etiopia, dove è ancora il mezzo di comunicazione più diffuso.

E voi siete a conoscenza dell’esistenza di situazioni analoghe a quella appena raccontata in giro per il mondo?

Articolo a cura di Mattia Savioni

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