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I Tormentoni in Radio: perché sono così importanti?

No, no, tranquilli… questa non è la copia dell’articolo di qualche settimana fa oppure un’integrazione perché mi ero dimenticato di scrivere qualcosa. Sicuramente da quell’articolo ho preso l’ispirazione ma in questo caso si parla di tutt’altro argomento. Qualche settimana fa scrivevo dei tormentoni musicali in radio, di quali potessero essere quelli di quest’anno e in che modo le radio potessero essere ancora un mezzo di riferimento per la diffusione degli stessi, mentre oggi volevo parlare dei tormentoni radiofonici veri e propri.

Dal punto di vista comunicativo tormentone è sinonimo di ripetitività, di un messaggio, una frase, un suono, una parola, talvolta anche di un gesto che viene ripetuto così tante volte dalla stessa o dalle stesse persone fino ad entrare nella mente del pubblico e legare indissolubilmente l’immagine di una persona alla frase e al tormentone che l’hanno resa famosa. Nel linguaggio pubblicitario gli sceneggiatori e gli ideatori di spot non cercano altro, continuano a pensare ad immagini o frasi ad effetto che possano rimanere impressi nella mente dello spettatore e allo stesso modo legarlo al marchio (un paio di esempi senza fare nomi: chi di voi non ricorda la pubblicità di un noto tour operator “No vacanza ******? Ahiahiahiahi!” oppure di un noto amaro italiano: “Cosa vuoi di più dalla vita? Un *****).

Nella musica il tormentone può essere identificato in un ritornello particolarmente incisivo oppure in un passaggio ripetitivo che entra subito in testa, spesso senza usare le parole ma versi o suoni (pensate al nuovo singolo di Naughty Boy ft. Sam Smith “La la la”: devo aggiungere altro?). Anche la radio ha i suoi tormentoni, ne sentiamo molti tutti i giorni senza nemmeno accorgercene: penso al “Pugnalati!” di Asganaway su Radio Deejay, al “Pronti al decollo! Parte il viaggio del vostro pomeriggio…” di Federico L’Olandese Volante prima su RTL ora su R101 o agli “Yesyesyo!”, “Leccata di rospo!” e vari altri di Nikki in Tropical Pizza sempre su Radio Deejay, tanto per citare solo i primi che mi sono venuti in mente.

Il tormentone però non deve per forza essere un’espressione o una parola, può essere anche semplicemente un claim o addirittura un jingle. Come non pensare al Very Normal People che ha fatto la fortuna di RTL negli ultimi anni e che è diventato un’icona anche nel linguaggio radiofonico comune o a tutti i jingle delle radio, che nascono proprio con l’obiettivo di essere mini-tormentoni e distinguere un’emittente dall’altra. Addirittura i suoni di passaggio tra uno spot e l’altro sono unici per ogni emittente e la caratterizzano. Siamo quindi pieni di tormentoni intorno a noi senza forse nemmeno saperlo. Anche la televisione vive di queste espressioni, ne ricordo una su tutte: chi di voi non lega l’immagine di Mike Bongiorno (che tra l’altro prima di diventare uno dei volti più noti della televisione italiana ha fatto anche molta radio) al suo proverbiale e indimenticabile “Allegriaaaaa!”?

Il tormentone serve, questo è indubbio, ma quello che mi chiedo è perché? Perché, anche in radio, dal punto di vista comunicativo bisogna puntare a un elemento che si ripete in modo ossessivo fino a quando non è diventato familiare anche per tutti quelli che seguono il programma e non si punta invece a fare il proprio semplice lavoro di speaker al meglio? Perché si cerca sempre qualcosa che catturi l’attenzione come solo un tormentone sa fare e perché, a conti fatti, i programmi che ne riescono a trovare uno sono effettivamente i più seguiti e amati? Che cosa ci guadagna uno speaker, un programma, un emittente a fidelizzare uno o più ascoltatori anche grazie a questo processo di ripetitività cercata costantemente?

Queste e altre decine di domande mi faccio spesso per provare a capire i meccanismi che stanno dietro al linguaggio radiofonico e al tentativo di conquistare il maggior numero di ascolti possibili. Io da solo non riesco a trovare una risposta soddisfacente e per questo chiedo il parere di tutti voi, condividendo quelli che sono i miei dubbi. Io stesso, quando sono in onda, mi rendo conto di seguire degli schemi mentali prestabiliti e spesso di andare a “chiudere” dei pensieri o delle frasi in modi simili, una puntata dopo l’altra, soprattutto quando si tratta di ricordare i contatti, aprire o chiudere l’ora e durante i saluti finali, ma questo deriva dal fatto che le espressioni da usare all’interno di questi interventi sono più o meno sempre le stesse e le parole che si usano anche.

Non mi è mai capitato di andare alla ricerca ossessiva di una frase che potesse diventare identificativa di me e del mio programma, forse non l’ho mai cercata e nemmeno sarei in grado di trovarla, ma non riesco a spiegarmi l’utilità di un tormentone in termini di ascolto e coinvolgimento di pubblico. Voi cosa mi dite? Ricordate altri tormentoni che hanno fatto la storia della radio? Che parere avete sui tormentoni in termini di ascolto e fidelizzazione del pubblico?

Articolo a cura di Nicola Zaltieri

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