HomeMagazineVincenzo Cerami ci introduce al linguaggio dell’udito: la Radio

Vincenzo Cerami ci introduce al linguaggio dell’udito: la Radio

Qualsiasi professione si eserciti siamo, ormai, una text generation curiosa che lavora, impara e comunica, in primo luogo, leggendo, scrivendo e raccontando.

La scrittura è un’arte e, al pari di un artista, anche lo scrittore, sperimenta linguaggi che diventano “suoni, figure e musica”. Come un bravo pianista dalle dita flessibili e dalle buone armonie, anche chi si pone l’obiettivo di scrivere per la radio, il cinema, il teatro o i fumetti deve essere capace di generare dalla propria fantasia creativa una buona evocazione visiva, capace di raccontare un mondo di suoni, accenti e immagini.

Un autore radiofonico deve essere un abile manipolatore di parole che saranno, poi, recitate in radio. In generale il linguaggio radiofonico, fatto di microfoni e altoparlanti, è caratterizzato da rumori, suoni, musica e voci che permettono all’ascoltatore di immaginare spazi infiniti e multiformi. Il linguaggio passa per l’udito ed arriva al cuore di ognuno in modo unico ed irripetibile.

Le tecniche del linguaggio radiofonico sono di vario tipo, ma per quelle relative ai programmi difiction radio” cioè quelli creati per radiodrammi, possiamo trovare un maestro d’eccezione come lo scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami. Infatti in suo recente saggio, Cerami, elargisce consigli preziosi agli aspiranti scrittori creativi in una visuale linguistica completa, che prende tutte le forme espressive tra le quali spicca anche la radio.

Il linguaggio radio è fonico e, chi scrive non può dimenticare che ogni parola scritta diventerà poi un suono, per cui la sceneggiatura di un radiodramma dovrà essere divisa per ogni pagina, verticalmente, in due parti: a sinistra si annoteranno gli effetti sonori importanti e a destra il parlato (conversazioni, voci e pensieri).

Scena I- Appartamento di Mario e Giovanna

Squilla, vicinissimo, il telefono.

Un attimo dopo qualcuno alza l’apparecchio.                            Giovanna (forte)

——————————————————————————–  Pronto, chi è?

E’ una voce giovanile, di una persona sicura di

Sé. Una breve pausa. Poi la voce di un uomo

Nella cornetta: è esitante, quasi spaventata.                           Antonio (al telefono)

——————————————————————————– Sono io, Antonio!

Da lontano giunge la voce di Mario, allegra.                            Mario

——————————————————————————– Chi è?

( stralcio tratto da “Consigli a un giovane scrittore” di Vincenzo Cerami)

La parte sinistra della pagina rappresenta la “radiofonicità” del copione che né determinerà anche la profondità sonora. Se si vuole, ad esempio, raccontare radiofonicamente che ci si trova in un esterno, sarà utile posizionare la scena in un ambiente che sfrutta un certo tipo di suoni: in un parco si udrà lo scroscio delle fontane e il cinguettio degli uccellini lontani, mentre per gli interni, in certi casi, una televisione accesa in una stanza è preferibile al silenzio di fondo. Utilizzando dei suoni lo scrittore dovrà essere capace di inventare artificialmente tutto un mondo, nel quale sarà possibile captare anche quello che non arriva all’udito come gli ambienti, gli odori e i caratteri dei personaggi.

Tecnicamente i suoni in radio possono essere usati in due diverse modalità: Effetti sonori o rumori vicini ed evocazioni d’ambiente o rumori lontani. Il principio narrativo unidimensionale che guida la storia parte dalla distanza dal microfono. Ad esempio, nel caso di un’orchestra che sta provando gli strumenti in teatro, l’ascoltatore può avvertire la sensazione di trovarsi nei pressi del palcoscenico se l’orchestra è registrata da vicino, altrimenti si sentirà seduto in un palco o tra le ultime file in poltrona. La distanza dal microfono con suono vicino o lontano ci indica anche la visuale sonora dell’ascoltare che potrà essere, a seconda dei casi, oggettiva o soggettiva. I pensieri dei personaggi sono sempre recitati vicinissimo al microfono e hanno caratteristiche tipiche simili agli “a parte” teatrali.

Il linguaggio radiofonico da confezionare per un buon radiodramma offre svariate possibilità stilistiche e di sintassi che l’autore deve conoscere per realizzare una buona opera secondo convenzioni d’uso. Sul piano narrativo un radiodramma sfrutta, spesso, i flashback con voci dal suono riverberato che, di solito, evocano cambi di scena originali e mai scontati.

Costruire una storia per la radio significa anche saper decodificare il proprio “sesto senso” che dalla mente, sotto forma di intuizione, prende forma su una pagina bianca. Per un autore la realtà può essere il principio da cui partire per viaggi sconosciuti e irreali in una contaminazione che suscita emozioni e sogni da realizzare. Scavando nei meandri di una coscienza se ne traggono forze liberanti e segrete da scoprire.

Per chi racconta storie, quindi, l’immaginazione non ha confini, l’ideale sarà riuscire ad essere attuale ed universale per accogliere maggiori consensi. In un racconto riuscito ci si accorge che l’autore è riuscito ad evitare sia l’appiattimento narrativo che la trascuratezza stilistica. E’ una lotta contro le parole in cui il bravo autore radio dovrà avere la capacità di “uscire da sé” per assumere, di volta in volta, le vesti dei suoi diversi personaggi. In fondo non è difficile scrivere, semmai è difficile dettare uno stile convincente ed originale.

I linguaggi radiofonici non si fermano al radiodramma cosi come evidenziato in un nostro articolo https://www.radiospeaker.it/blog/scrivere-radio-notiziari-radiodrammi-intrattenimento-522.html, ma senz’altro scrivere un dramma per la radio resta affare complesso.

Articolo a cura di Nicoletta Zampano

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