HomeMagazineLo studio è la chiave di volta di tutto: parola di Barty Colucci

Lo studio è la chiave di volta di tutto: parola di Barty Colucci

Lo studio è la chiave di volta di tutto: parola di Barty Colucci

Lui è uno di quelli che, appena ne senti il nome, ti vengono in mente i programmi radiofonici più esilaranti.

Perché Barty Colucci, prima ancora di essere speaker radiofonico, l’intrattenimento ce l’ha nel sangue, da sempre.

Noi di Radiospeaker lo abbiamo raggiunto per farci due chiacchiere e, come previsto, abbiamo incontrato tutta la simpatia e professionalità che siamo abituati a sentire.

 

La tua carriera è coloratissima. Prima ancora della radio, sei passato dalla laurea in Comunicazione e Marketing, allo studio della musica fino alla arti circensi. Chi c’è davvero dietro allo speaker radiofonico Barty Colucci?

Un pirla che studia! La formazione di ognuno di noi è finalizzata alla propria carriera, sia artistica che di vita, affinché questa si alimenti di informazioni ulteriori. La laurea, così come le arti circensi e la comicoterapia che ho praticato per più di dieci anni e di cui sono tuttora formatore, sono tutte cose che convogliano in un’unica arte che poi è quella dello spettacolo in genere, che sia di strada, di tv o di cinema. L’arte ha, comunque, un’unica finalità che è quella di divertire nel mio caso. Dietro lo speaker radiofonico c’è uno che cerca di dare il meglio da tutto quello che ha imparato, di misurarsi ogni giorno, perché bisogna sempre migliorarsi e studiare. Ecco, dietro c’è un pirla che pensa che lo studio sia l’elemento fondamentale, per riuscire a emergere in qualsiasi settore uno decida di fondare la propria carriera.

Nel 2003, inizia il tuo percorso lavorativo a RDS che raggiunge l’apice nel 2007 con il programma “Tutti pazzi per RDS”, di cui sono celebri alcuni tuoi scherzi telefonici. Quanto ti hanno aiutato i tuoi studi di scrittura comica e la tua esperienza con la clowneria?

Io penso che sia fondamentale studiare per fare questo mestiere; la scrittura comica mi ha sicuramente aiutato, la clowneria altrettanto perché questa, al di là di quello che si pensi, è un’arte che ti insegna a guardarti anche dentro. Quindi questi miei due percorsi di studi sono stati fondamentali in “Tutti pazzi per RDS”, un programma di cui sono stato autore insieme a Claudio Cannizzaro. In radio, non avere studi alle spalle sarebbe come andare su palco di Sanremo senza aver fatto solfeggio. Per me, anche il cabaret insieme alla scrittura comica e alla clowneria, hanno rappresentato percorsi propedeutici per fare radio.

Dopo alcune importanti esperienze televisive tra cui l’inviato de “Le Iene” e la partecipazione alla serie “Braccialetti rossi”, arriva il to approdo a Radio 105 dove attualmente conduci “A me mi piace”. Ma ce l’hai un sogno nel cassetto?

Sì ne ho tantissimi. Dal punto di vista personale, vorrei andare sullo Spazio. Si tratta di un sogno che hanno molti bambini e che poi accantonano, ma io non ci rinuncio, magari un giorno metteranno dei voli low cost e potremmo andarci tutti. A livello artistico ne ho già realizzati tanti; mi sento un privilegiato per alcuni traguardi, come quello di aver dato vita a un programma per un’emittente per la quale ho sempre desiderato di lavorare, come Radio 105. Ovviamente ne ho altri di sogni, il più banale è quello di condurre Sanremo perché fa parte delle nostre tradizioni culturali; io, da bambino lo seguivo come tutti e come fanno anche le mie figlie adesso. Calcare quel palco sicuramente è un bel sogno che, se realizzato,  darebbe tante emozioni. Un altro sogno è legato alle canzoni che scrivo, mi piacerebbe che magari venissero interpretate da un artista. E un altro desiderio ancora sarebbe quello di suonare in un concerto, con Vasco.

Siamo tutti a casa per l’emergenza da Coronavirus, come stai vivendo la tua professione in questo momento? Tu che sai suonare la chitarra, il pianoforte e la batteria, hai partecipato a qualche flashmob dal tuo balcone?

Io continuo a lavorare nello studio di Roma per le dirette, perché siamo solo in tre e gli uffici sono chiusi e sanificati. Non ho potuto partecipare ai flashmob perché abito in una villa, mi sono affacciato ma non c’era nessuno, solo qualche merlo che mi guardava abbastanza disgustato. Ma Azzurro l’ho suonata lo stesso, con la chitarra. Io da casa comunque produco scherzi e altro, dimezzando così la produzione dallo studio. In ogni caso, la quarantena la vivo bene perché ho sempre amato dedicarmi a tante arti quindi suono, compongo e altro. Poi il mio excursus con i malati mi fa pensare che, tra stare a casa e stare in ospedale, non c’è proprio nulla da lamentarsi sul fatto di non poter uscire.

Il tuo è un mestiere unico, con un passato di gavette e pieno di mille sfaccettature. Quali dritte daresti a un giovane che vorrebbe intraprendere questa professione?

Mi fanno spesso questa domanda, anche perché non si capisce bene come si fa a entrare nel mondo della radio. In effetti, non c’è un percorso ben definito da fare per svolgere questa professione. Di certo, occorre approcciarsi a questo mezzo di comunicazione sin da piccoli, magari mediante delle esperienze con le emittenti locali. Suggerirei di interessarsi a questo mestiere, ascoltare chi lo fa da tanto tempo e concentrarsi su tutte le varie sfaccettature della radio come la dizione. Anche se la radio è cambiata rispetto agli anni ottanta per esempio, non c’è più l’obbligo di essere impostati, ma è importante conoscere per avere le basi. E, sicuramente, studiare. Perché lo studio in tutti gli ambiti lavorativi è la chiave di volta per tutto.

Valentina Chisari

Valentina Carmen Chisari

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