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Massimo Cotto: “Oggi la radio è meno romantica”

Massimo Cotto: “Oggi la radio è meno romantica”

In una recente intervista a La Stampa, Massimo Cotto ha ripercorso la sua carriera radiofonica e di grande conoscitore della musica.

Inizialmente ha raccontato di quando ha deciso di fare il conduttore: “Ascoltando alla radio un dj: parlava e diceva cose che non capivo. Io pensavo alla pallacanestro: la prima cosa che mi ha dato un senso di aggregazione forte, l’idea di giocare con qualcuno e per qualcuno. “I wanted to play football for the coach”, come cantava Lou Reed in “Coney Island Baby”. Ma un giorno ho detto al mio allenatore: “non gioco più, me ne vado. Così ho iniziato a Radio Asti Doc, in corso Savona, in un appartamento all’ultimo piano, grazie a Ugo Dezzani, pazzo e visionario che amava follemente la radio”.

Il dj di Virgin Radio spiega: La musica non mi ha cambiato la vita, ma mi dato un senso di appartenenza e un posto nel mondo. Mi ha fatto capire che potevo appartenere a qualcosa di più grande del mio quartiere, della mia città, del mio paese, prima ancora di poter raccontare la musica professionalmente”.

Secondo Cotto, la radio è cambiata troppo: Un tempo c’era più libertà di espressione personale: il dj arrivava con la sua valigetta, tirava fuori i dischi e ti faceva conoscere il suo microcosmo. Il successo di Rai Stereo Notte era proprio questo: la Siae non pagava i diritti d’autore di notte, le case discografiche erano poco interessate a intervenire, lasciavano la più ampia libertà e potevi sperimentare. Da quando ci sono i direttori artistici non è più possibile, fatalmente è tutto meno romantico…“.

Un aneddoto di Stereo Notte: “Una volta misi un disco dal vivo di Nico: Mario Monicelli, grande appassionato, lo cercò nei negozi senza trovarlo. Gli proposi un baratto: “Se mi da un’ora della sua vita, le regalo il disco”. Passammo insieme un pomeriggio”.

I concerti più belli: “Bob Marley a San Siro, o Simon e Garfunkel a Central Park. Quelli irripetibili, Jeff Buckley, Iggy Pop, Bowie. La realtà è che il palco ha una magia tutta sua. Mi ricordo un concerto a Los Angeles di un artista sconosciuto, in un locale anonimo. Non ricordo il nome, ma la mia emozione: riuscì a tirare fuori da me tutto quello che doveva essere tirato fuori in quel momento. Questo per dire che non è la grandezza del personaggio o la sua fama, ma è quel momento irripetibile in cui la persona che è sul palco riesce a trasmetterti quello di cui hai bisogno”.

Il conduttore vanta alcuni grandi nomi tra le interviste più importanti, che secondo lui “Sono quelle in cui ti rendi conto che l’artista ha abbandonato le sue difese, che si è tolto l’armatura, che racconta senza le domande. Ma penso a Cohen a casa sua, irripetibile. A Elton John a Verona, meravigliosa perché ha voluto raccontare la sua odissea di droga e alcool. A Paolo Conte, intervistato non dietro casa, ma nel suo primo tour americano. Ai Pearl Jam a Seattle, al completo, a casa loro. Poi quando hai davanti Mick Jagger, McCartney o Robert Plant…”.

Oltre alla radio, anche i libri: “Sono 71 ma, come dico sempre, non li ho letti tutti. Vorrei farlo con De Gregori e tutte le volte che scrivo un libro gli mando un sms: “Non ti andrebbe di fare un libro con me? ”. E lui risponde sempre allo stesso modo: “Mi piacerebbe molto. Ma penso che non sia il caso”. È una gag che dura da anni. Ho anche scritto un libro con Francesco Renga, non è mai uscito. Un libro bellissimo, come potenza delle storie raccontate. Francesco ha letto le bozze e poi ha preferito non pubblicarlo perché troppo intimo, personale e forte“.

Durante la sua carriera ha dedicato anche parecchio tempo alla scoperta di nuovi talenti: Con la premessa che il premio non è arrivare in testa alle classifiche ma vivere di musica, mi rende felice sapere che quasi tutte le persone che ho contribuito a lanciare vivono di musica. Probabilmente alcuni avrebbero meritato di più, penso a Ivan Segreto o a Virginio. Mi piace ancora credere alla favola che se hai talento prima o poi emergi, ma temo che negli ultimi anni questa favola abbia avuto un po’ di eccezioni”.

Francesco Pinardi

Francesco Pinardi

Conduttore radiofonico, speaker, giornalista e studente di Scienze della Comunicazione presso l'Università degli Studi di Torino. Leggi i miei articoli

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