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Come vengono utilizzati Podcast e Reloaded in Radio?

Sono sicuro che ognuno di voi, si è imbattuto almeno una volta (per non dire “migliaia di volte”) nei termini,” podcast e reloaded”, soprattutto avendo a che fare con l’universo radiofonico.

Giusto per ricordarlo ad un eventuale extraterrestre, all’oscuro di tutto, che dovesse leggere questo articolo, di cosa stiamo parlando?

Per “podcast” si intende un documento audio (o video) che può essere scaricato in modo automatico, generalmente attraverso un programma gratuito. Il termine, comparso per la prima volta nel 2004, nasce dalla fusione di due parole: “iPod” (uno dei più popolari riproduttori di file audio e mp3 della Apple) e “broadcasting” (trasmissione).

Parlando di radio si tratta, per intenderci, di alcune “pillole” dei vari programmi, che vengono messe a disposizione degli ascoltatori i quali possono scaricare e riascoltare quello che si sono persi “on air” o ciò che li ha maggiormente divertiti e incuriositi durante la trasmissione. C’è anche chi utilizza il “podcast” per fornire delle “integrazioni al programma” o dei piccoli “regali” agli ascoltatori: in poche parole del materiale “extra” da aggiungere a quanto ascoltato durante la diretta.

Per “reloaded” si intende invece la possibilità di riascoltare una trasmissione (perché eravamo a scuola o al lavoro e l’abbiamo persa) semplicemente utilizzando una connessione internet e collegandoci con il sito della nostra emittente preferita (per dirla in termini televisivi, è come se fosse una sorta di “replica”).

Al di là del significato di questi due termini, credo sia interessante analizzare questa nuova ma già consolidata realtà all’interno dei maggiori network radiofonici. Possiamo dire che almeno l’80% dei programmi trasmessi dalle radio hanno il loro “podcast” e il relativo “reloaded”. Nessun tipo di “format” radiofonico è escluso da questa categoria, anche se quelli musicali, comici, culturali sono più interessati a questo tipo di servizio, così come i loro ascoltatori, rispetto invece ad un programma di intrattenimento quotidiano che evidentemente può perdere “appeal” se ascoltato il giorno seguente.

Se da un lato ci sono ancora alcuni “irriducibili” (pochi), che per diversi motivi preferiscono che il programma possa essere ascoltato soltanto in diretta, la stragrande maggioranza di coloro che lavorano nelle radio desidera fornire una sorta di “self-service” all’ascoltatore, lasciandogli la possibilità di poter sentire a qualsiasi ora e in qualunque giorno dell’anno una determinata trasmissione.

Della prima categoria fanno parte tutti coloro che conducono un programma basato principalmente sull’interazione col pubblico (caratterizzato quindi da numerose telefonate e interventi degli ascoltatori) o più semplicemente quelli che sono affezionati ad una visione dell’universo radiofonico ormai superata (volenti o nolenti). Del secondo gruppo fanno parte tutti gli altri speaker radiofonici che conducono dei format maggiormente basati su contenuti di tipo musicale, comico, culturale, ma non solo.

E’ evidente che l’universo radiofonico è stato ormai trasformato dall’avvento di questi due nuovi “mezzi” messi a disposizione dalla tecnologia e dai vari network per poter ascoltare le varie trasmissioni in maniera diversa e innovativa. Siamo di fatto entrati in una nuova dimensione ed una nuova realtà, quella in cui la radio non solo si riceve, ma si va letteralmente “a prendere”, così che all’ascoltatore viene conferita una sorta di “sovranità” che gli consente di diventare virtualmente padrone e direttore artistico di una radio che può personalizzare a suo piacimento.

Tutto questo, se da un lato toglie un po’ di poesia al mezzo di comunicazione e all’ascolto vero e proprio, dall’altro è una delle principali cause della parabola ascendente delle radio in questi ultimi anni (in particolare di quelle commerciali) e inevitabilmente condiziona anche il modo di fare le trasmissioni da parte degli speaker.

Infatti non solo il meccanismo del “podcast” e del “reloaded” consente di aumentare a dismisura il numero di ascoltatori di un determinato programma radiofonico, ma sapere che quel che si dice in diretta resterà per sempre e potrà diffondersi in qualsiasi parte del mondo o essere ascoltato a distanza di anni da tutti, influisce decisamente sul modo di condurre e di concepire una trasmissione.

E voi, speaker e non, cosa ne pensate? Come vi trovate in questa nuova dimensione?

Articolo a cura di Mattia Savioni

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